Siamo nel secolo della solitudine
Chi è nato e vissuto nei nostri paesi ha potuto conoscere un mondo nel quale lo spazio per la solitudine era molto ridottoVilla del Conte è un comune di 5.600 abitanti a nord di Padova. A febbraio di quest'anno, quando la pandemia ha interessato la comunità, la richiesta di aiuto di anziani soli in casa, di chi aveva perso il lavoro, di mamme sole con figli piccoli è diventata importante e ad essa si doveva provare a dare una risposta.
Il sindaco Antonella Argenti ha deciso di istituire un Assessorato alla Solitudine nominando Assessore Graziella Vigri.
Con questa iniziativa, al di là del nome usato si intendeva venire incontro allo smarrimento dei cittadini di fronte alla pandemia ed alla frammentazione della società. Dobbiamo partire dal fatto che la solitudine è, in sintesi, il "sentirsi soli con sé stessi". Siamo soli alla nascita e alla fine della vita. Siamo ciò che saremmo, anche se il luogo dove siamo nati può segnare il resto della nostra vita. Per questo i nostri antenati remoti, a cominciare dagli uomini delle caverne, sapevano condividere tutti i momenti della vita per non sentirsi ciascuno solo con sé stesso e per costruire spicchi di società condivisa. Quindi noi contiamo, possiamo superare la solitudine se saremo capaci di condividere con altri la parte di esistenza che ci è capitato di vivere. Se saremo esseri sociali.
Ma non dipende solo da noi. Chi è nato e vissuto nei nostri paesi ha potuto conoscere un mondo nel quale lo spazio per la solitudine era molto ridotto. E ancora è così. La città, con la sua idea di progresso e di opportunità sta aumentando gli spazi alla solitudine. Interi quartieri abitati da giovani che non comunicano con quelli abitati da adulti. Ma proprio in questi quartieri ci si sente più soli. Negli Stati Uniti 3 adulti su cinque si dichiarano soli e il 60 % degli inglesi non conosce i nomi dei propri vicini. Cosa ci sta succedendo e perché questo è diventato il secolo della solitudine? Innanzitutto perchè è cambiata profondamente la demografa delle nostre società. Il crollo della natalità ha determinato conseguenze importanti. Non solo i ragazzi hanno pochi cugini, ma non hanno più gli zii che erano figure importanti nelle famiglie perché erano una presenza importante anche per la loro crescita.
In questi ultimi 20 anni è di 2 la media dei componenti per famiglia a Cagliari. Se facciamo riferimento ad altri dati demografici vediamo che quasi il 50 % della popolazione è costituita da persone che non si sono sposate, mentre un restane 8 % è rimasto solo dopo la morte del coniuge. Questi mondi, in generale, come convivono, che riferimenti hanno? Da tempo i partiti che formavano il consenso e facilitavano la partecipazione alla vita collettiva sono spariti. Non ci sono proposte ed obbiettivi di crescita della nostra società capaci di mobilitare energie e passioni. La digitalizzazione ed i social hanno rinchiuso dentro un guscio parte della società che potremmo chiamare contactless, senza contatti, rinchiusa nel mondo degli smartphone. Non sorprende quindi la perdita del senso di comunità e di aggregazione soprattutto nelle città dove le migrazioni e le nuove culture limitano le possibilità di integrazione.
La pandemia è arrivata improvvisa e dirompente modificando il senso delle nostre società, i ritmi della nostra vita, le occasioni di incontro, il senso di appartenenza, il senso stesso del lavoro. I mesi di frustrazione vissuti in primavera, con le necessarie limitazioni alle nostre libertà hanno drammaticamente fatto esplodere il senso di solitudine già presente nelle nostre società. Serve riscoprire il senso forte della nostra fratellanza.
Antonio Barracca