In che modo la situazione che stiamo vivendo può alterare il normale ritmo del sonno? E ci sono osservazioni sulle persone che hanno superato l’infezione da Covid sotto questo aspetto?

Sicuramente riposare bene in questo periodo è più difficile. L’ansia e il cambio delle abitudini imposte dal lockdown impattano sul fronte dei ritmi e della qualità del sonno, tanto che al recente congresso della società Italiana di Neurologia il tema è stato sviscerato dagli esperti. Fra i numerosi studi che si sono occupati delle sequele provocate da Covid-19, un lavoro retrospettivo su oltre 60.000 casi apparso in novembre su The Lancet Psychiatry colloca l’insonnia al secondo posto (dopo il disturbo d’ansia) nelle sequele psichiatriche dei pazienti. Su JAMA Open, inoltre, il gruppo canadese capitanato da Charles Morin indica come l’insonnia, una volta comparsa, indipendentemente dal background, tenda a divenire una condizione permanente. Considerando quindi i considerevoli fattori di rischio associati a una insonnia persistente (la bidirezionalità dimostrata con disturbi dell’umore - ansia e depressione - disturbi cognitivi, disturbi endocrino-metabolici e cardiovascolari) questo secondo lavoro ha importanti implicazioni per prognosi e trattamento dell’insonnia, per la quale dovremo anche attenderci una recrudescenza dopo la pandemia. Se per chi ha affrontato la malattia quindi possono manifestarsi problemi, che vanno sempre indagati dal medico per le soluzioni, non ci sono dubbi che anche per tutte le persone che vedono alterarsi i ritmi di vita, come avvenuto nel lockdown di primavera, qualcosa accade. Questa è un’altra domanda cui hanno cercato di rispondere numerosi studi, alcuni ancora in corso e altri già pubblicati. I ritmi di vita, sonno e alimentazione sono stati messi a dura prova dalle numerose restrizioni imposte per contrastare la diffusione di Covid-19, in particolare l’isolamento forzato. Uno dei più ampi studi italiani ha evidenziato, su un campione di più di 6000 soggetti adulti (età compresa tra i 18 e gli 82 anni), come più della metà (55.32%) dei soggetti lamentasse una ridotta qualità del sonno e modificazioni del ritmo sonno-veglia, con una anticipazione o posticipazione del periodo di sonno e con una maggiore quantità di sonno diurna. Questo si associa, con un legame bidirezionale, a più elevati livelli di stress, ansia e depressione e a un peggioramento del benessere mentale e della qualità di vita. Effetto modulato dal genere con un maggior rischio per le donne. Dati preliminari sulla popolazione pediatrica indicano come il confinamento, l’esposizione indiscriminata agli strumenti elettronici e l’assenza di sincronizzatori sociali abbiano causato una vera e propria esplosione di disturbi del ritmo circadiano.

Giuseppe Plazzi, responsabile del Centro per lo studio e la cura dei disturbi del sonno dell’Università di Bologna
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