Esistono piante dagli usi profondamente radicati nel nostro territorio e il ginepro sardo è fra queste: pensiamo al suo legno duro e resistente, da secoli impiegato per la costruzione di statue, case e imbarcazioni; per non parlare dei galbuli, chiamati comunemente bacche, che rappresentano parte integrante della cucina isolana, giacché si prestano alla realizzazione di piatti a base di carne (soprattutto selvaggina) e salumi, deliziose confetture e distillati di pregio.

I galbuli rivestono un ruolo di spicco anche nella medicina popolare: infatti, l’infuso si assume come espettorante per sciogliere il catarro e placare la tosse grassa, per favorire la diuresi in caso di calcoli renali, come digestivo e antidiarroico, oltre che per sfiammare le vie urinarie e le emorroidi; mentre l’oleolita si applica in caso di reumatismi, lesioni e malattie della pelle, in quanto gli vengono attribuite proprietà analgesiche e antisettiche.

La scienza sembra supportare almeno in parte questi usi e di recente, una ricerca pubblicata sulla rivista Microorganisms (che porta la firma dei ricercatori dell’Università di Sassari e delle Università di Debrecen e Szeged, in Ungheria) ha messo in luce le potenzialità di una varietà nostrana di ginepro rosso (Juniperus oxycedrus L. ssp. macrocarpa, ginepro coccolone) nel trattamento delle infezioni da organismi multiresistenti (MDROs).

Questo tipo d’infezioni costituisce un serio problema di salute pubblica, perché causa ricoveri più lunghi e dunque un aumento del fatturato economico, oltre a tassi di mortalità più alti; da ciò nasce l’esigenza di trovare antimicrobici efficaci sugli MDROs o, quantomeno, in grado di potenziare i farmaci già in uso.

Dal momento che gli oli essenziali (tra cui il tea tree oil) si sono dimostrati promettenti come antimicrobici coadiuvanti, gli studiosi sassaresi hanno sottoposto a dei test l’olio estratto dal ginepro di Sadali, nella Barbagia di Seulo, per valutarne la capacità di uccidere o inibire vari ceppi patogeni (da solo o con i farmaci) e la sicurezza per le cellule umane.

Ebbene, i saggi di laboratorio hanno evidenziato le spiccate attività dell’olio essenziale verso vari ceppi di Candida, in particolare verso C. auris: un lievito particolarmente ostico, essendo capace di persistere a lungo negli ambienti e resistere a quasi tutti gli antimicotici, che causa infezioni (spesso ospedaliere) con una mortalità riscontrata del 30-70%, secondo il Ministero della Salute; l’essenza era attiva già a basse concentrazioni (0,02%) sulle cellule del lievito e ha impedito loro di formare il biofilm (un aggregato che protegge i patogeni dai farmaci o altri fattori esterni).

Altri test hanno evidenziato attività inibitorie verso alcuni ceppi responsabili delle più comuni infezioni respiratorie, cutanee e gastrointestinali, in particolare streptococchi (S. pyogenes e S. pneumoniae), stafilococchi (S. epidermidis e S. aureus) ed enterococchi (E. faecalis). Per quanto riguarda i ceppi resistenti, gli studiosi hanno scoperto che l’olio essenziale inibisce le pompe di efflusso (proteine che espellono gli antibiotici dalle cellule batteriche) permettendo alla ciprofloxacina (un antibiotico di uso comune) di agire a dosi più basse sui ceppi dotati di tali meccanismi di resistenza, quali Escherichia coli e Staphylococcus aureus; degno di nota il fatto che, alle concentrazioni testate, l’essenza fosse innocua verso le cellule umane.

Alla luce di questi dati incoraggianti, l’intenzione degli autori è quella d’incorporare l’essenza di ginepro in membrane biodegradabili, le quali, applicate sulle lesioni infette come le piaghe da decubito o le ulcere del diabetico, accelerino il processo di guarigione. Non ci rimane che attendere gli sviluppi di ricerche future.

Jessica Zanza

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L’Aou Sassari e l’autismo

Una diagnosi precoce di autismo, la presa in carico, la formazione dei genitori, degli operatori scolastici e sanitari, interventi terapeutici immediati. E ancora, imparare a lavorare sull’antecedente e intervenire prima che si scateni il comportamento problema del bambino autistico. È questo il modello sostenibile e quasi rivoluzionario per i piccoli pazienti con disturbo dello spettro autistico, introdotto e portato avanti dalla Neuropsichiatria infantile dell’Aou di Sassari e denominato “Autismo in ReTe: non lasciamoli soli”.

«Crediamo molto nell’importanza di fare rete e allo stato attuale sono 25 le famiglie coinvolte in questo importante progetto pilota – ha dichiarato il professor Stefano Sotgiu, direttore della Clinica di Neuropsichiatria infantile dell’Aou di Sassari. – Il periodo di sperimentazione è partito nell’ottobre del 2021 e si concluderà nell’aprile del 2023, ma abbiamo in programma di coinvolgere altre famiglie e di estendere il progetto anche ad altre regioni d’Italia». È un progetto che coinvolge oltre che l’Azienda ospedaliera universitaria di Sassari anche le Uonpia (Unità operativa di neuropsichiatria infantile) di Sassari e di Olbia (referente è la dottoressa Salvatorica Manca).

Importante mantenere viva l’attenzione su un disturbo che colpisce in Sardegna circa 9800 pazienti in età pediatrica e adulta. Un dato che diventa ancora più rilevante se si pensa che circa un terzo dei pazienti affetti da autismo della popolazione sarda si trova nell’area di Sassari e Olbia.

«È stato scelto il Nord Sardegna in quanto da alcuni studi epidemiologici risulta essere un territorio particolarmente in difficoltà nella presa in carico dei pazienti con disturbo dello spettro autistico, rispetto ad una domanda in crescita esponenziale», ha dichiarato la dottoressa Alessandra Carta, neuropsichiatra infantile e coordinatrice del progetto.

Spesso una famiglia che riceve una diagnosi di autismo deve affrontare dei costi economici elevati per garantire le terapie al proprio figlio.

Le famiglie inserite in questo progetto non erano ancora state prese in carico ed erano in lista d’attesa nei centri di riabilitazione in convenzione, si trovano in una situazione socioeconomica fragile e sono state segnalate dai servizi sociali.

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