La bandiera dei quattro mori, il simbolo della Sardegna. Se la campagna elettorale passa anche dai messaggi social, questo è il primo vessillo  alzato  da Alessandra Todde, candidata del Campo largo per la presidenza della Regione.

Un’immagine senza alcun testo a commentarla. Forse a cercare di ribadire, con una foto che campeggia sulla sua pagina Facebook (poco più di 27 mila i follower), che il suo nome non è il frutto di un accordo romano (tra Giuseppe Conte per il M5s, suo partito,  e Elly Schlein per il Pd), come invece vogliono i detrattori. 

Lei ha provato a chiarirlo, davanti ai giornalisti e sulle piattaforme social: «Siamo qui per lasciarci alle spalle la Sardegna della rassegnazione, del vittimismo, della subalternità. Lo voglio dire con chiarezza, una volta per tutte: non esiste e non è mai esistito alcun accordo romano. Sono mesi che il tavolo del campo progressista-autonomista-indipendentista lavora in Sardegna per costruire una sintesi condivisa, senza interferenze ed ingerenze esterne».

Sono sarda, ha aggiunto, «e lo rivendico con orgoglio, e di certo non lo sono per patenti rilasciate da qualcun altro, ma solo per l’amore che provo per la terra in cui sono nata e cresciuta, amore che ho sempre dimostrato con i fatti». 

Domani è la giornata di Renato Soru, che chiama a raccolta i suoi sostenitori a Palazzo Doglio, a Cagliari, per un incontro «di popolo» durante il quale potrebbe essere annunciata la «rivoluzione gentile». In prima fila ci saranno anche tre sigle fuoriuscite dal Campo largo: Progressisti, Liberu e +Europa. L’altro centrosinistra che, al momento, ha smesso di parlare con quello di Todde. 

(Unioneonline/E.Fr.)

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