È ancora il Superbonus il principale indiziato delle difficoltà dei conti pubblici italiani e quindi anche il responsabile di una manovra che non potrà che essere "prudente" e che dovrà fare i conti con risorse evidentemente scarne.

Da protagonista della ripresa post-Covid, osannato per l'effetto positivo sull'occupazione e su un settore trainante come l'edilizia, il 110% è diventato la causa del "mal di pancia" del ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, che di fronte alla platea del forum Ambrosetti di Cernobbio è tornato ad attaccare senza mezze misure la misura simbolo del governo Conte 2.

Ma di fronte alla stessa platea, scettica, anzi decisamente critica per la tassa sugli extraprofitti, misura che potrebbe entrare stavolta tra i simboli del governo Meloni, il ministro dell’Economia ha aperto a possibili modifiche nel passaggio parlamentare, come già auspicato da Forza Italia. La norma resta, ha rivendicato Giorgetti, ma potrà essere migliorata.

«Quello che non accetto è che si dica che è una tassa ingiusta, è una tassa giusta. - ha scandito il ministro, pur ammettendo e assumendosi la responsabilità di un iniziale errore di comunicazione - Vi posso assicurare che alla fine, nella sua versione definitiva, tutti quanti la potranno apprezzare». Del resto, come lo Stato dà (e con le garanzie pubbliche ha già dato tanto), lo Stato chiede, ha spiegato.

Con il Superbonus, invece, questo equilibrio è mancato. «L'esecrato intervento dello Stato è tornato di moda», ha detto Giorgetti, lo Stato ha fatto «la parte del Re sole che distribuisce prebende». Ma così «non si va da nessuna parte», ha insistito. Anzi, guardando ai conti pubblici, si corre verso la discesa. I numeri sono impressionanti: «100 miliardi, questo governo ne ha pagati 20 e altri 80 sono da pagare, ma tutti hanno mangiato e poi si sono alzati dal tavolo», ha accusato ancora il ministro, nonostante il tentativo di difesa della misura da parte di Giuseppe Conte. La Nadef non potrà che rispecchiarne tutto il peso sul deficit, così come la manovra per il 2024. Almeno per quest'anno l'1% di crescita potrà, secondo Giorgetti, essere confermato, ma sul prossimo i problemi non mancano. Il Superbonus «ingessa la politica economica, non lascia margine ad altri interventi».

La priorità sarà dunque data al taglio del cuneo, favorendo il più possibile il mondo del lavoro e le famiglie. Di spazi fiscali però al momento non ce ne sono molti: circa 4 miliardi in deficit, 1-2 miliardi dai risparmi dell'assegno unico, 2 miliardi dalla tassa sugli extraprofitti, 300 milioni dalla spending dei ministeri. Non molto di più. La revisione del patto di stabilità aiuterà rispetto alle vecchie regole, ma l'Italia, che chiede all'Europa di prendere atto del "quadro che sta mutando", vorrebbe poter scomputare alcune spese dal calcolo del disavanzo pubblico: quelle per l'Ucraina per esempio, come ribadito dallo stesso Giorgetti, ma anche quelle per la transizione energetica, ha rilanciato Matteo Salvini. Qualche spazio in deficit in più permetterebbere probabilmente di dare risposte alle richieste politiche dei partiti, in primis sulle pensioni, ma anche dei ministri, a partire da quelle di Orazio Schillaci sulla sanità. A legislazione vigente il Fondo sanitario nazionale dovrebbe aumentare l'anno prossimo di circa 2 miliardi, ma il ministro ne chiede almeno 4.

Sul debito, invece, un po' di sollievo potrebbe arrivare dalle privatizzazioni, ma su Mps, che sembra offrire la prima occasione utile, il Mef non sembra avere fretta e soprattutto "non si fa dettare i tempi da nessuno", ha chiarito ancora Giorgetti.

(Unioneonline/v.l.)

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