Riforma costituzionale: il rebus del gradimento degli italiani
I dubbi sull’utilità pratica delle modifichePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Secondo la notizia battuta dalle più importanti agenzie di stampa, il Consiglio dei ministri, nel corso della settimana appena trascorsa, sembrerebbe aver proceduto ad approvare, all'unanimità, il disegno di legge sulle riforme costituzionali. Si tratterebbe di una "riforma costituzionale” teleologicamente finalizzata, stando alle parole del Presidente del Consiglio dei Ministri, a superare, ponendole nel nulla, le criticità legate, e direttamente riconducibili, al concetto di governabilità, quasi che quest’ultima fosse da ricondursi puramente e semplicemente ai meccanismi dinamici del sistema parlamentare “strictu sensu” considerato e non invece, come parrebbe essere, alla maggiore o minore crisi dei soggetti politici di cui alla élite di dirigenza del momento.
Ma tant’è, e probabilmente non resterebbe che prenderne atto, salvo poi verificare il gradimento del Popolo italiano che sarà chiamato ad esprimere il proprio assenso e/o dissenso verso un programma di riforma della cui utilità pratica sembrerebbe lecito dubitare ed il cui parere sembrerebbe essere richiesto quasi per voler scaricare sulla decisione del Popolo la responsabilità di un potenziale fallimento della riforma medesima (questa quanto meno sembrerebbe l’impressione emergente). Madre di tutte le riforme, sostiene Giorgia Meloni, e allora non resta da sperare che essa non sia “madre di parto, e di voler matrigna” (cit. G. Leopardi), per voler introdurre l'elezione diretta del presidente del consiglio garantendo (ma è tutto da dimostrare) principalmente sia “il diritto dei cittadini a decidere da chi farsi governare, mettendo fine a ribaltoni, giochi di palazzo e governi tecnici", sia il "governo di chi è stato scelto dal popolo". Ebbene. Nulla quaestio, se solo non fosse che in linea di principio nessuna connessione parrebbe invero sussistere tra il concetto di stabile governabilità e forma di governo, siccome, a ben considerare il problema parrebbe prospettarsi e originarsi assai più in superficie, siccome parrebbe porsi come direttamente riconducibile piuttosto alla crisi ed instabilità interna dei partiti politici che di volta in volta si siano alternati e si alternino alla maggioranza di governo.
Se, per voler seguire l’argomentare di Giorgia Meloni, i governi vanno a casa dopo un anno e mezzo, naturalmente c'è una debolezza, ma quella debolezza non parrebbe derivare dalla forma di governo e/o dai meccanismi di scelta del Presidente del Consiglio dei Ministri, quanto piuttosto dalla maggiore o minore capacità dei partiti di maggioranza di tenere le redini dell’intero sistema e dalla capacità di fornire risposte utile ai cittadini curandone gli interessi, ossia traducendo in atto pratico e corrispondente quanto annunciato in campagna elettorale che, a ben considerare, costituisce il presupposto della intervenuta vittoria di quella e non di quell’altra forza politica.
Spostare la criticità sul piano della forma di governo e delle sue dinamiche attuative non parrebbe né utile né, tanto meno, risolutivo. Piuttosto si rischierebbe, come nei fatti si rischia, di indurre ancora maggiore confusione all’interno di un sistema complesso sistematicamente bilanciato. Dicendolo anche altrimenti: siccome, con la madre di tutte le riforme il premier potrà essere "sostituito” solo da un parlamentare, allora non esisteranno più governi tecnici, quasi che i medesimi siano una sciagura da allontanare e senza minimamente considerarne la funzione specifica dei medesimi che, a ben considerare, parrebbe rinvenirsi proprio nello assicurare la cosiddetta “governabilità” allorquando vi sia l’impossibilità di realizzare una maggioranza “politica” in parlamento, e allorquando sia necessario, come spesse volte accaduto nel passato recente, affrontare la emergenza senza incontrare i veti incrociati dei partiti politici.
Non sembrerebbe esistere, invero, una definizione comunemente e concordemente accettata di 'governabilità', significando, con siffatta espressione, ed in qualche modo, la capacità e/o la possibilità di governare, quindi l'abilità di governare di chi esercita in un dato momento la funzione di governo. Come sempre, è a un insieme di cause che bisogna fare riferimento. Ed è alla loro multiforme combinazione, differente da paese a paese, che è utile e opportuno fare riferimento al fine di ottenere una spiegazione che sia più vicina possibile alla realtà. Appare inoltre fondamentale non trascurare in alcun modo i processi di internazionalizzazione, e quindi di affermazione di atteggiamenti, aspettative, comportamenti, stili di governo e di opposizione, di controllo e di protesta, di possibilità di guida dell'economia.
La riforma costituzionale promossa dal Governo Meloni, come giustamente osserva Giuliano Amato, rischia di compromettere radicalmente l’attuale sistema di governo fondato sul Parlamento: le Camere ne risulterebbero depotenziate e di fatto, anche a tutto voler considerare, il Capo dello Stato vedrebbe drasticamente ridimensionata la sua storica funzione di “garanzia”. Bisognerebbe prioritariamente interrogarsi su un punto: quale sarebbe la utilità di una riforma siffatta che parrebbe aver il retrogusto amaro di uno specchietto per le allodole idoneo a distogliere l’attenzione del Popolo Italiano dalle criticità della quotidianità che sembra farsi sempre più complessa ed incalzante? La Storia della Repubblica Italiana parrebbe essere stata caratterizzata da una costante instabilità governativa. E numerose si sono avvicendate le proposte di revisione costituzionale e di riforma delle leggi elettorali, finalizzate a risolvere la criticità. Tuttavia, e probabilmente bisognerebbe interrogarsi sul punto, ogni tentativo sembra essersi risolto in un nulla di fatto.
Laddove non si fosse capito, e lungi dal voler ricondurre la stabilità a circostanze altre, forse si dovrebbe riflettere sul fatto che la governabilità è sempre garantita solo ed unicamente allorquando la maggioranza di governo assicuri la gestione razionale e maggiormente di interesse per la vita dei consociati, ponendo in essere misure finalizzate a favorire, per quanto possibile, il benessere dei cittadini, specie nei momenti di maggiore difficoltà. La stabilità di governo è direttamente proporzionale alla capacità di governo delle forze di maggioranza. Nulla di più nulla di meno. Quindi, utile sarebbe pensare a governare e a farlo nel migliore dei modi, altrimenti si ridia la parola alle urne.
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato – Nuoro)