Nemo propheta acceptus est in patria sua
Conte non coerente. E la Bonino ricorda quel "... altrimenti dobbiamo fare senza l’Europa e ognuno fa per sè”L’informativa al Parlamento si è svolta ieri come da solito copione riflettente l’immagine di una politica intesa, vissuta ed interpretata come pura e semplice partecipazione comunicativa in tempo reale. Un Presidente del Consiglio col ruolo di primo ed unico attore, ed un Parlamento spettatore (forse) volutamente privato della concreta possibilità di esercitare il proprio ruolo.
Al di là dei chiarimenti sulle prossime iniziative anti pandemia di carattere sanitario ed economico offerti alla attenzione di tutti noi, e variamente interpretabili nella loro voluta genericità, non è passato inosservato, sebbene appena accennato, il richiamo, quasi in funzione legittimante del suo operato, sia sul piano interno, sia sul piano europeo, all’intesa con Francia e Spagna, sancita dalla già nota sottoscrizione, unitamente a Belgio, Irlanda, Grecia, Lussemburgo, Portogallo e Slovenia, di una lettera rivolta a Charles Michel diretta a sollecitare l’Unione nella ricerca di “uno strumento comune di debito, emesso da una istituzione europea”, finalizzato alla raccolta di “fondi sul mercato sulle stesse basi e a beneficio di tutti gli Stati membri”, che (possa essere) idoneo ad assicurare “un finanziamento stabile di lungo termine per contrastare i danni provocati dalla pandemia”. Poche parole che riflettono in realtà il succo e la sostanza di quello che appare come il progetto programmatico del Premier, del tutto intenzionato a ritagliarsi un peso politico rilevante, da far valere, in un secondo tempo, anche a livello nazionale, attraverso il preventivo raggiungimento di un buon compromesso nell’accordo economico in discussione all’Eurogruppo, idoneo a consacrarlo come uno dei principali artefici della costruzione di una nuova Europa di Persone contrapposta alla solita e fredda Europa di Finanza, mediante il consolidamento di un polo di intese comuni tra i principali paesi dell’Europa meridionale.
Un progetto rischioso, ma che certo, in una situazione quale quella attuale, caratterizzata da una profonda condizione di instabilità, può ben valere la pena perseguire. Consapevole di essere nel mirino sia di una parte rilevante della sua maggioranza, nettamente spaccata sui rimedi economici di maggior rilievo al vaglio dei singoli Stati, sia delle stesse forze politiche della opposizione, anch’essa variamente e diversamente orientata in argomento, il Premier ha preferito rinunciare, per il momento, all’intervento legittimante, in qualunque senso espresso, di un Parlamento troppo ideologicamente variegato, per seguire la propria linea direttrice originaria, comunque condivisa da altri importanti Paesi membri, quasi a voler rimarcare la centralità del suo ruolo, ed anche della sua persona, nel contesto delle difficilissime trattative in seno all’Eurogruppo. Ma quali potranno essere le possibili conseguenze di una scelta di tal fatta?
La spaccatura venutasi a creare sul ricorso al Fondo Salva Stati, soprattutto tra le varie correnti della maggioranza e quindi non solo di opposizione, è davvero idonea ad indebolire la posizione del Premier in occasione della prossima riunione dell’Eurogruppo prevista per domani 23 aprile, oppure, in realtà, lo legittima ad assumere l’atteggiamento di cautela fino ad ora seguito col chiaro obiettivo di non abbracciare troppo frettolosamente soluzioni economiche non ancora ben definite nel dettaglio che potrebbero costargli la permanenza nella carica e, più in generale, il proseguo del suo ambizioso percorso politico? L’ultimatum lanciato giorni addietro da Conte all’Europa, come ricordato ieri con sentita preoccupazione da Emma Bonino, e riassunto nell’affermazione “altrimenti dobbiamo fare senza l’Europa e ognuno fa per sè”, rappresenta veramente una potenziale ipotesi realistica futura negli intenti del Premier, oppure costituisce un puro e semplice sfogo verbale nel contesto di un più generale progetto tendente ad “infondere nuova vita nel progetto europeo” per non correre “il rischio di (un) fallimento”?
Rispondere è meno semplice di quel che si possa pensare. Intanto, perché, sul piano delle conseguenze, ad essere in gioco non è soltanto il futuro economico di tutti i Paesi della compagine europea, ma, nel caso specifico, e nel piccolo, anche la sopravvivenza, nel frammentato panorama politico italiano, di un Premier forse troppo decisionista, e per questo piuttosto scomodo, che malgrado i molteplici attacchi intestini trova la forza di resistere mettendoci la faccia ed assumendosi con convinzione la piena responsabilità del suo operato.
Quindi, perché, con buona verosimiglianza, l’obiettivo politico del Premier potrebbe non essere poi così biasimevole, soprattutto laddove lo si consideri attraverso la lente di un necessario cambiamento delle dinamiche europee in senso marcatamente “sociale”, ossia economicamente orientate verso più generose forme di sostegno a favore dei propri membri in evidente difficoltà in totale dispregio e rifiuto dei tradizionali meccanismi antagonistici che fino ad oggi hanno contribuito a consolidare l’immagine di una Unione Matrigna. Inoltre, perché, ad ogni buon conto, le tensioni già emerse in seno alla trascorsa riunione in Eurogruppo, lungi dal valere a qualificare in termini di irrilevanza l’operato di Conte, hanno espresso in realtà un conflitto da sempre in essere tra i singoli Stati e difficilmente gestibile da parte di chiunque. Infine, perché, ciò nonostante, la spaccatura in questi giorni creatasi all’interno della maggioranza, già di per sé fragilissima per essere frutto di un processo di formazione di coalizione post elettorale nell’ottica del perseguimento di una c.d. politica del cambiamento, potrebbe incidere negativamente, in assenza di voto parlamentare, sulla posizione del Premier malgrado lo stato embrionale dei tentativi di accordo europei ancora da definirsi in termini di dettaglio.
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato - Nuoro)