Forse in fondo in fondo non si era capito, o forse pareva un’ipotesi non realizzabile, ma, stando a quanto si  è appreso nei giorni scorsi dalle maggiori agenzia di stampa, ben 169mila famiglie originariamente beneficiarie del Reddito di Cittadinanza e/o della Pensione di Cittadinanza, pare abbiano ricevuto dall’Inps, per il tramite di un sms, l’avviso della sospensione del sussidio sul presupposto che si tratti di nuclei “occupabili” nei quali non ci sarebbero componenti disabili, ovvero minori ovvero ancora over sessantacinquenni come prevede la nuova normativa.

Stando sempre a quanto si apprende dalla stampa, tutti coloro che paiono aver perduto il reddito di cittadinanza o la pensione di cittadinanza e possano essere ritenuti “occupabili”, abbiano cioè un’età ricompresa tra i diciotto e i cinquantanove anni, e non abbiano persone disabili o minori a carico, dovrebbero aver diritto di ricevere trecentocinquanta euro al mese a titolo di supporto alla formazione al lavoro attraverso gli sportelli dei Centri per l’Impiego e dell’Inps. Per quanto concerne, poi, il nuovo assegno di inclusione, concernente i nuclei con minori, anziani o disabili, potrà essere percepito, parrebbe, dalla data del primo gennaio dell’anno 2024.

Nulla quaestio, forse. Se solo non fosse che la misura licenziata dal Governo Meloni parrebbe non aver precisato, e/o comunque non averlo fatto a sufficienza, in quale modo tutti coloro che si troveranno colpiti da tale sospensione potranno vedersi garantita ed assicurata la propria autosufficienza economica attraverso il lavoro, e pertanto, la propria sussistenza.

Come dovrebbe articolarsi allora il sistema delle politiche attive? Come si farà a garantire a quanti siano astrattamente occupabili ma meno occupabili di altri anche solamente in ragione dell’età l’accesso al mercato del lavoro? Nel frattempo in quale maniera tutti coloro che fossero stati raggiunti dall’sms potranno affrontare la loro quotidianità?

I beneficiari del Reddito e/o della Pensione di Cittadinanza raggiunti dall’sms dell’Inps parrebbero essere stati privati di un sostegno economico che, a ben considerare, potrebbe pure andare a rappresentare una condizione irrinunciabile alla loro sopravvivenza. Intendiamoci meglio comunque: la sospensione, della cui opportunità di comunicazione tramite sms si potrebbe pure discutere, in linea di principio potrebbe anche essere considerata come strumentale alla effettiva realizzazione del percorso d'inserimento lavorativo, a significare che, la sospensione in esame, quindi, parrebbe potersi considerare come espressione del potere attribuito al legislatore il quale, tuttavia, avrebbe dovuto semmai assicurare fin da subito l’alternativa per così dire. Perché tra inflazione, e caro bollette, e caro carrello spesa, le tasche della stragrande parte delle famiglie italiane, specie quelle in condizioni maggiormente disagiate, si sono alleggerite e non poco.

Bisognerebbe intendersi forse, e meglio, sul concetto e sulla qualificazione normativa dei cosiddetti "occupabili” ai quali andrebbe garantito non solo un lavoro, ma anche, e a maggior ragione, un salario dignitoso. La corretta gestione dei sistemi universalistici di assistenza, proprio siccome fondati su meccanismi redistributivi e sulla solidarietà generale, per costante insegnamento, dovrebbe essere affidata a sistemi di controllo e di sostegno che fossero garantiti e sostenuti da norme di etica civile e pubblica realmente condivise a largo spettro, specie in un sistema quale quello italiano. Quindi, ora come allora, ossia al momento della istituzione del Reddito di Cittadinanza, sarebbe stato opportuno delineare chiaramente a monte, e anche ora parrebbe non essere stato fatto, la correlazione operativa tra le migliori forme di tutele del reddito e le correlate politiche di attivazione del medesimo, con predisposizione a valle di stringenti previsioni sulla condizionalità dei benefici, ossia sui motivi di decadenza dal beneficio e sui sistemi di controllo e sanzionatorio.

Se è vero, come parrebbe essere vero, che l’intero articolato normativo presente nella legge sul reddito di cittadinanza si intenda nella sua formulazione originaria, è apparso ai più come ispirato da una logica contrattuale e/o simil contrattuale idonea a reggere un certo impianto riferibile al Governo Conte I che lo istituì, tuttavia, sembra apparire altrettanto vero che anche la sua intervenuta modifica in senso abrogativo o quasi, posta in essere dall’attuale Governo di Centro – Destra di Giorgia Meloni, parrebbe peccare di eccessiva rigidità in pregiudizio degli obbiettivi imprescindibili della solidarietà e del sostegno al reddito nel frattempo che si possa dare corso ai meccanismi della ricollocazione lavorativa.

La gravità delle problematiche esistenti sul piano sociale e direttamente riconducibili al livello della povertà e ai suoi rapporti con le politiche attive del lavoro, avrebbe forse dovuto suggerire analisi maggiormente approfondite utili ad evitare situazioni di ulteriore disagio nel passaggio dalla vecchia alla nuova normativa. Circostanza questa ultima che rischia di ripercuotersi sullo stesso indice di gradimento del Governo di Giorgia Meloni a tutto vantaggio delle forze di opposizione, in un momento assai delicato in considerazione degli imminenti appuntamenti elettorali.

Sarebbe forse opportuno prendere in considerazione l’ipotesi di ulteriori e moderni sistemi di welfare che siano finalmente e direttamente finalizzati alla realizzazione dei principi di autonomia e autosufficienza delle persone anche nell’ottica dell’incremento della produttività e nel pieno rispetto dei dettami di cui agli articoli 2 e 3 della nostra Carta Costituzionale. Esistono da tempo tanto sul piano interno, quanto sul piano sovranazionale, talune imprescindibili ed innegabili garanzie che mirano in maniera assoluta e primaria per ciò stesso ad andare in sostegno di tutti coloro che versino in condizione di debolezza economica e che necessitano di uscire, finalmente, dalla povertà.

Probabilmente, e anche la nuova misura licenziata e voluta dal Governo attuale di Giorgia Meloni parrebbe carente in tal senso, sarebbe stato doveroso contemperare concretamente ogni sano principio di solidarietà sociale con quello, altrettanto indispensabile di merito e contestuale meritevolezza delle misure a sostegno finalizzato alla giusta erogazione di qualsivoglia prestazione assistenziale, che all’attualità, considerato l’andamento economico e sociale, appare irrinunciabile.

Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro

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