Ci ha deluso il discorso con cui il presidente del Consiglio ha annunciato l’avvio della tanto attesa – e sostanzialmente rimandata - fase 2.

E non si tratta di chiedere un liberi tutti avventato o maggiori aperture. Ci aspettavamo delle parole di verità.

Abbiamo apprezzato, come gran parte degli italiani, i toni e la comunicazione di Giuseppe Conte. Quel suo sottolineare la delicatezza della situazione senza drammatizzarla, rassicurando allo stesso tempo gli italiani, è servito a non scatenare il panico. Giusta anche la linea di massima prudenza, il mettere la salute davanti al Pil di fronte a una pandemia che sta mettendo in ginocchio il mondo intero.

Ma ora non basta più.

E soprassediamo su alcune assurdità normative. Sull’infelice termine "congiunti" si sono sprecati fiumi d’inchiostro, ci limitiamo a solidarizzare con agenti di polizia e carabinieri che dovranno verificare se quell’affetto o fidanzata che andiamo a trovare sia più o meno stabile. Soprassediamo sulle faq di Palazzo Chigi assurte a fonte di diritto. Sul modulo di autocertificazione, il sesto in due mesi (Lamorgese, a fronte del 3% di sanzioni rispetto ai controlli aveva suggerito di eliminarlo almeno per gli spostamenti all’interno della Regione). Sull’universalità delle misure in un Paese con situazioni molto differenti: si equiparano Lombardia e Piemonte, dove nell’ultima settimana ci sono stati 6mila e 3.500 contagi, a Basilicata, Molise e Sardegna, dove ne sono stati registrati 24, 15 e 52. A parti invertite sarebbe stato così?

I SILENZI - Fatta la digressione, torniamo alle verità taciute. Perché il problema non è il caffè al bar o la gita al mare, ma una più efficace gestione della crisi sanitaria e della diffusione dell’epidemia. Che è anche l’unica strada per un ritorno alla normalità.

Al sodo. Ci hanno sempre parlato delle tre T definendole “fondamentali” per la fase 2. Test, tracciamento, trattamento. Conte, nel discorso di 40 minuti in cui ha lanciato la fase 2, non ha mai parlato di test e tracciamento. Non ci ha detto a che punto siamo e quando saremo pronti.

Sappiamo che il governo ha scelto i test sierologici della Abbot. Troppo tardi, appena 4 giorni fa. E troppo pochi per ora, appena 150mila. La multinazionale ne può mettere a disposizione 4 milioni (in vendita e non in regalo, come i primi) entro fine maggio, e assicura di poterne testare 200 all’ora. Che faremo, li compreremo? I tamponi, fondamentali per chi dovesse risultare positivo al test sierologico: su questo abbiamo fatto passi da gigante, dai 130mila a settimana di metà marzo ai 400mila dell’ultima settimana. Riusciremo ad andare oltre?

Il tracciamento. Che fine ha fatto la app Immuni, di cui il ministro Di Maio ha dimostrato di non conoscere il funzionamento? Quando sarà disponibile? Come si pensa di convincere almeno 35 milioni di italiani a scaricarla?

NON SIAMO PRONTI - Questo ci saremmo aspettati da Conte. Delle parole di verità. Ce le meritiamo, dopo essere stati chiusi in casa per quasi due mesi. E la verità è che non siamo pronti per la fase 2. Che bisogna aspettare ancora un po’, quindi ci si è limitati a ritoccare qualche regoletta qua e là.

Quelle preoccupate rassicurazioni della prima fase, quei toni paternalistici, non bastano più. L’ondata ci ha colti impreparati e così è successo in tutti gli altri Paesi dell’Occidente. Gli italiani lo hanno capito. Hanno perdonato, ma non sono disposti a tollerare un’assenza di strategia a due mesi dall’inizio della crisi.

L'OPPOSIZIONE - Poi girandosi dall’altra parte si vede un leader che cerca di disarcionare Conte e di non perdere troppi voti nonostante la pandemia abbia indebolito il suo miglior argomento di propaganda. Un leader che non guida, ma segue gli umori della popolazione. Prima dice di chiudere tutto, poi di riaprire, poi ancora di chiudere, quindi nuovamente di riaprire tutto. Chiamando irresponsabilmente alla piazza una popolazione esasperata.

E quindi teniamoci Conte. Sperando che ci sia una strategia, che non si proceda a tentoni, che si parta con i test. Tanti test. E confidiamo nel caldo, che ci liberi almeno per un po’ dalla dittatura del virus regalandoci un’estate più o meno normale. Rilassante. In vista di un autunno rovente, dal punto di vista economico, sociale e – ma speriamo di sbagliarci – sanitario.
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