Riscrivere il futuro sardo: l’intervento del 18 novembre 2025
Di Umberto Oppus – Vice Presidente del Consiglio Autonomie Locali della SardegnaRileggendo e studiando i vari interventi all’Assemblea nazionale Anci, che si è tenuta a Bologna nei giorni scorsi, ho sentito suonare nuovi e ancor più preoccupanti campanelli d’allarme per le piccole realtà e i territori dell’interno, rurali e montani. Soprattutto per quelli sardi.
Tra gli annunci fatti nell’assise bolognese quello relativo alla nuova agenda europea, ma che sarà poi ribaltata sugli stati membri, motivata dal fatto che il 75% dei cittadini europei vive nelle grandi aree urbane, ponendo, di conseguenza, una serie di questioni collegate alla casa, ai trasporti, all’organizzazione stessa delle città. Questa posizione, onde evitare ulteriori sbilanciamenti verso le grandi realtà urbane, rende oggi più che mai necessaria un’Agenda sarda che, oltre ad una vera politica di coesione interna, garantisca risorse destinate alle aree interne e allo spopolamento rurale creando servizi, occupazione e soprattutto politiche di sviluppo.
Nel 1961 la Sardegna, con 1.600.000 abitanti, aveva la popolazione distribuita in maniera omogenea sul suo territorio (quindi vissuto, non abbandonato e con problemi idrogeologici inferiori rispetto a quelli odierni). Oggi, con gli stessi abitanti, si è prosciugato l’interno per creare grandi poli urbani e aggregatori di servizi come Cagliari e hinterland, Olbia e Arzachena, Sassari ed Alghero, a discapito delle piccole realtà dell’interno private di servizi e delle migliori risorse umane.
L’esigenza di un’Agenda sarda per le zone interne è più che mai necessaria per passare dagli annunci a veri e propri interventi strutturali coordinati e integrati fra loro. Nella realtà dei fatti la cronaca politica quotidiana fa registrare chiusura o riduzione di servizi sanitari, di istituti comprensivi scolastici, di carenze nella mobilità delle zone interne, tutto nel nome di tagli ai servizi per mere ragioni economiche.
Occorre ripensare, con un reale sostegno alle produzioni, al futuro dell’agricoltura e dell’allevamento passando a una concreta valorizzazione di quanto già si produce ma che il mercato globalizzato deprime: si pensi al solo grano, alle battaglie per il costo del latte, o a quanto possiamo ancora crescere in termini di tutela delle produzioni locali. Servizi e occupazione dovranno essere la vera grande sfida di questo obiettivo che non potrà che basarsi sull’economia portante dei territori.
Oggi più che mai è indispensabile che, nel concetto di una reale equi ordinazione delle Istituzioni, si arrivi a siglare un grande Patto tra Regione, Province e Comuni, unitamente alle forze sociali ed economiche, per arrivare ad un’Agenda sarda dei piccoli comuni che ponga in essere strategie concrete. Il sostegno alle politiche familiari, il sostegno ai bilanci comunali, alla disponibilità di liquidità, alla valorizzazione e sostegno al personale in servizio, alla fiscalità di vantaggio anche a supporto del commercio e artigianato sono fondamentali. Nell’Agenda sarda si dovrà porre rimedio anche ad alcune ovvietà: si parla tanto dell’esigenza abitativa in alcune grandi realtà urbane poi, a pochi chilometri, nei paesi a rischio di spopolamento, si registrano decine di abitazioni disponibili ma scarsamente “attrattive” proprio per l’assenza di politiche coordinate.
Un patto che non potrà prescindere dal ruolo della cultura, della storia e, soprattutto, dell’immenso patrimonio archeologico. Sognare una Sardegna museo a cielo aperto non è un’utopia. È il ribaltamento, nel concreto, dell’utilizzo delle professionalità per far vivere i territori valorizzando le risorse migliori: quelle dei giovani laureati e diplomati che non sono più costretti ad emigrare ma a diventare protagonisti del proprio futuro e della propria terra.
Una grande Fondazione regionale di valorizzazione delle aree archeologiche — nuragiche o dei periodi successivi — garantirebbe occupazione, qualità dell’istruzione e soprattutto una nuova professionalità nel lavoro, nell’accoglienza e nell’ospitalità.
La Sardegna, con i suoi oltre 300 piccoli comuni, essendo la terza regione d’Italia per territorio e tra le ultime per abitanti, non può prescindere da questo grande Patto. Un patrimonio così importante di piccoli comuni, di territori, deve diventare un grande laboratorio di innovazione e sostenibilità. Non più periferie e soggetti marginali, ma motori primari nel campo della tutela ambientale, della coesione sociale e della digitalizzazione. Grandi sfide che comuni come quello di Lula hanno già avviato con il progetto Einstein Telescope. Altre realtà hanno avviato i primi cantieri per la produzione di idrogeno verde per la mobilità di treni e autobus ad idrogeno. È il tempo delle scelte. È il tempo di riscrivere il nostro futuro.
Umberto Oppus – Vice Presidente del Consiglio Autonomie Locali della Sardegna
