Qualche tempo fa una giovane dottoressa sarda è stata ammessa a una scuola di specializzazione chirurgica che frequenta con profitto qui a Cagliari. Essendo una che non si accontenta e sentendo dentro di sé una forte spinta a migliorarsi ancora, ha partecipato a un bando internazionale e ha vinto una borsa di studio per frequentare un centro irlandese tra i più importanti al mondo nel settore chirurgico di cui si occupa.

Qualche settimana prima di prendere servizio la nostra dottoressa si è recata per un fine settimana a Dublino dove ha trovato un’opportuna sistemazione e ha dato uno sguardo all’ambiente nel quale si troverà a vivere (almeno) per il prossimo anno. Terminati gli impegni di carattere logistico, ha pensato di avvertire il suo futuro capo, chirurgo di grande fama, che si trovava in città ma, soprattutto perché era sabato, era un po’ frenata dalla paura di disturbare: in Italia non ci sogna di importunare il capo di sabato se non per eventi straordinari.

Alla fine le è sembrato più civile farsi viva e, preso il coraggio a due mani, gli ha telefonato scusandosi innanzitutto per l’eventuale disturbo. Non l’avesse mai fatto, il suo nuovo direttore, dovendo partire il lunedì, le ha dato appuntamento per domenica mattina, rinviando una gita con la moglie, e addirittura è passato a prenderla in albergo con la sua auto per accompagnarla in ospedale. Qui giunti le ha fatto visitare prima il reparto e le sale operatorie e poi l’intero ospedale, le ha raccontato quali tipi di attività si svolgevano lì e le ha spiegato la filosofia operativa dell’ospedale e la sua importanza per la popolazione di Dublino. Poi ha chiamato il suo aiuto e ha organizzato una giornata piena di cose da fare e da vedere per il giorno successivo.

Lunedì la giovane collega sarda è stata di nuovo prelevata in albergo e condotta in ospedale dove era stata organizzata una riunione plenaria in cui le hanno presentato i colleghi, l’hanno fatto partecipare alle attività del reparto, inclusa la seduta operatoria, le hanno chiesto il suo parere su tante cose. Insomma, le hanno dedicato (anche di domenica) tempo e attenzioni, l’hanno fatta sentire importante.

Racconto questo fatto perché nei giorni scorsi è apparsa sul giornale una bella intervista al collega Sergio Pili, recente pensionato dalla sua attività di direttore sanitario dell’ospedale di San Gavino, il quale lamentava un po’ amaramente l’avvenuta “mercificazione” della sanità, “la salute come una merce, le prestazioni sanitarie come prodotti e i pazienti come clienti” dice lui.

Molto della profonda riflessione di Sergio è vero, alcune cose sono – a mio modesto parere – sbagliate o troppo semplici ma certamente dagli anni ’90 in poi c’è stata una deriva economicistica che ha progressivamente impoverito il servizio sanitario nazionale. D’altra parte è anche vero che agli inizi degli anni duemila i costi del servizio sanitario stavano diventando insostenibili e che senza prendere provvedimenti avrebbero mandato a catafascio le finanze del Paese ma certamente si poteva far meglio di come abbiamo fatto.

Ma oltre a quella ragionieristica c’è stata una deriva umana, professionale e personale che non è dovuta a leggi o provvedimenti o ai “politici”, è dovuta alla fortissima spinta sindacale verso una mentalità impiegatizia che ha finito per travolgere tutto e tutti. Quando sento dire da un giovane collega che fare medicina non è una missione ma un mestiere mi cascano le braccia, non ho mai sentito il mio lavoro come un mestiere e la maggior parte dei colleghi che ho incontrato nella mia carriera ha mostrato livelli etici incompatibili con un’affermazione come quella.

A Dublino hanno accolto la nostra giovane dottoressa con cuore, con entusiasmo, con voglia di fare e di crescere, con una partecipazione che va oltre lo stretto dovere contrattuale. Ecco, ci sono tante riforme che si possono fare e che possono essere utili, ma se non recuperiamo l’animo dei nostri medici, dei nostri infermieri e dei nostri tecnici non andremo sicuramente da nessun parte.

E se non saremo capaci di motivare le persone è facile che la pericolosa emorragia di medici e infermieri si aggravi, è facile conquistare un giovane cuore dedicandogli tempo anche la domenica, difficile motivarlo con una mentalità da 8/14.

Franco Meloni

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