Il problema della Sardegna è che è una regione italiana. Non è una provocazione, ma i numeri dicono che se l’Isola potesse davvero governarsi come una piccola nazione molti dei suoi parametri economici e sociali sarebbero migliori. La Sardegna ha tutto: natura straordinaria, risorse, turismo internazionale, un’identità forte e una posizione strategica nel Mediterraneo.

Eppure resta tra le regioni più deboli d’Europa: Pil pro capite intorno ai 26.000 euro (circa il 70% della media Ue), tasso di disoccupazione ancora sopra l’11% e un’economia troppo debole. La proposta più ambiziosa, ma invisa alla politica nazionale, resta quella di una zona franca integrale o di una rete di punti franchi.

L’hanno sempre ostacolata, per evitare invidie, nonostante la sua istituzione sia prevista dallo Statuto del 1948. Significherebbe abbattere i costi di trasporto e dogana, ridurre la pressione fiscale per imprese e famiglie, attrarre investimenti, incentivare la produzione locale.

Non sarebbe un privilegio, ma una compensazione per l’insularità: un modo per pareggiare le distanze economiche e sociali con il continente. Finché la Sardegna resterà vincolata alle logiche di Roma, continuerà a muoversi lentamente.

Serve il coraggio di politici indipendenti e la volontà collettiva di pretendere più libertà d’azione. Per smettere di essere “una regione bella ma povera” e diventare una piccola nazione europea. Pur restando italiana.

Bepi Anziani

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