Negli ultimi anni, la partecipazione ai referendum confermativi è stata piuttosto bassa, eppure si tratta di uno degli strumenti più significativi previsti dalla Costituzione italiana. Il referendum confermativo, chiamato anche referendum sospensivo, consente ai cittadini di esprimersi su una riforma della Costituzione o su una legge costituzionale che non abbia ottenuto la maggioranza dei due terzi in Parlamento. È un voto cruciale, poiché non prevede alcun quorum: il risultato è valido anche se a votare è solo una minoranza degli elettori.

Non avendo raggiunto la maggioranza qualificata in Parlamento, fra qualche mese saremo chiamati a votare sulla riforma dell’ordinamento e della magistratura penale appena varata. Come noto, è incentrata sulla separazione delle carriere tra organi giudicanti e pubblici ministeri e prevede anche altri interventi relativi al loro ordinamento interno. È una riforma di particolare importanza per la vita quotidiana dei cittadini e rappresenta uno snodo cruciale per la giustizia italiana.

Avere a che fare con la giustizia penale è spesso qualcosa di terribile, soprattutto per gli innocenti che vengono sottoposti a indagini e processi per anni, per poi essere assolti per non aver commesso il fatto o perché il fatto non sussiste. Il cittadino che entra in contatto con la giustizia penale vive una condizione di fragilità e spesso percepisce lo Stato come un nemico. Questo sentimento di sfiducia è inaccettabile e rende ancora più urgente una riforma che migliori il rapporto tra cittadini e sistema giudiziario.

Il Parlamento italiano – già prima di questa legislatura – ha proposto alcune soluzioni per rendere meno gravoso il processo penale. Una di queste prevede che il procuratore del pubblico ministero sia inquadrato in una carriera separata rispetto ai magistrati giudicanti, per garantire una maggiore tutela all’imputato e porre pubblica accusa e difesa sullo stesso piano davanti al giudice. Tuttavia, i magistrati sono oggi divisi sul tema della separazione, a dimostrazione che la “terapia” proposta non appare la soluzione definitiva ai problemi del processo penale.

Permane un sentimento di diffidenza generalizzata, come ricorda il proverbio sardo: “Zustissia pro atere, in domo non colese” – che sia fatta giustizia per gli altri, ma non a casa mia. Il prossimo referendum confermativo rischia di politicizzare ulteriormente la questione giustizia. Tuttavia, la buona giustizia non è una questione di destra o di sinistra, ma un tema vitale per il futuro del Paese. È auspicabile un dialogo tecnico fra politica e magistratura, con giudici indipendenti da correnti ideologiche e una politica unita nello sforzo di riformare la giustizia senza pregiudizi. Solo così il sistema penale potrà diventare un’avanguardia europea e garantire maggiori tutele ai cittadini più deboli.

Di Antonello Menne

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