In Sardegna usiamo spesso l’espressione “un uomo grande” per sottolineare che Tizio è entrato nell’età adulta, nonostante suggeriscano il contrario i suoi atteggiamenti (“Ancora giocando a calcetto? Ajò, un uomo grande…”), ma soprattutto il ricordo che conservavamo di lui. E così “un uomo grande” è il flash che appariva in mente ieri davanti alle foto di Alberto Stasi all’incidente probatorio su Sempio.

Eppure non ci sarebbe da stupirsi. Intanto sono passati quasi vent’anni dalle prime volte che abbiamo visto il suo volto in tv e sui giornali. E poi quei lineamenti lievemente meno nitidi, quel profilo al contempo un pochino più aguzzo e più florido sono anche il frutto di emozioni devastanti, di altalene processuali, di anni sotto il laser dell’attenzione nazionale e dentro la galera. Però per tutti, o almeno per tanti, è rimasto “il biondino dagli occhi di ghiaccio”.

Ecco, comunque finisca quest’atrocità di Garlasco, noi che scriviamo dovremmo rinunciare a certe porcherie retoriche. Versiamo una mestolata di inchiostro su un caso per mediatizzarlo e renderlo riconoscibile al volo (la “mantide di Qui”, il “mostro di Lì”, l’orrore sciatto delle varie Lady Tale e Talaltra) e passiamo oltre.

E le persone ci restano bloccate dentro, come strani insetti nell’ambra del nostro immaginario. Dovremmo piantarla davvero. Ormai siamo grandi anche noi e chi ci legge.

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