Prezzi in altalena
V iviamo in un’epoca strana. Dati in crescita per Pil e produzione industriale, numeri che avrebbero fatto esultare di gioia fino a poco tempo fa qualunque Governo, ma con un’inflazione galoppante, che nell’area Euro veniva data due giorni fa da Eurostat intorno al 9% a luglio. Allo stesso tempo, il prezzo della benzina e del gasolio è tornato giù dopo mesi di tensioni, con il greggio su livelli più “normali” e gli effetti delle misure decise dall’esecutivo (da gennaio oltre 30 miliardi messi a bilancio per attenuare le tensioni sui mercati di gas, benzina ed elettricità) quando la colonnina dei distributori segnava due euro. Le vacanze degli italiani, con il tradizionale esodo agostano, dunque, hanno goduto di qualche sconto.
Perché il petrolio scende? Intanto perché la crisi russa ha costretto tutti i Paesi a fare scorte nei mesi scorsi e ora gli stoccaggi sono a buoni livelli. Allo stesso tempo, si prefigura il ritorno nel mercato anche del petrolio iraniano se la discussione sul nucleare avrà esiti positivi. Poi si registra un calo di richiesta dalla Cina, visto che il colosso di Xi Jinping inizia a mostrare un rallentamento dell’economia e teme per i prossimi mesi una riduzione dell’attività industriale. Ragioni simili hanno portato un calo dei prezzi di molte materie prime, dopo l’impennata primaverile seguita allo scoppio della guerra in Ucraina: vale per il grano, su cui pesa pure l’accordo per il corridoio navale, ma anche per l’alluminio, lo zinco, l’acciaio. Sembrano buone prospettive per l’autunno e invece non sono proprio rose e fiori.
Le nubi del temporale si addensano all’orizzonte. La tempesta ha le sembianze dei lampi provocati dal mercato del gas e dell’elettricità. Due giorni fa il prezzo del gas ha toccato i 240 euro a Megawattora ad Amsterdam, mentre quello medio dell’elettricità è arrivato a 500 euro a Mwh dopo i 538 di mercoledì, nonostante un calo nelle ore notturne, che però non va molto più giù di 460. Come è possibile? Se da un lato il costo del petrolio scende, non altrettanto avviene in Europa per il gas che continua a subire le tensioni della guerra in Ucraina, mentre in Asia e America i prezzi sono decisamente più bassi. Inoltre, la siccità che ha colpito l’Europa ha ridotto la produzione idroelettrica, così come i cambiamenti climatici incidono comunque anche su altre produzioni da fonti rinnovabili.
Le imprese italiane oggi devono fare i conti con costi dell’energia praticamente triplicati, bilanci che si gonfiano a dismisura sul fronte delle uscite. La Grande distribuzione segnala ad esempio che i costi finiscono per scaricarsi sul distributore finale e ce ne accorgiamo bene quando riempiamo il carrello della spesa. Il che fa contrarre i consumi. L’inflazione galoppante ha anche l’effetto psicologico di produrre dubbi e paure per il futuro, con una riduzione della domanda. Da qui la discesa dei prezzi delle materie prime, come spiegano molti analisti ed esperti. Insomma, tutto fa pensare che i prezzi possano subire un rallentamento, se non fosse che c’è la variabile impazzita del gas e dell’elettricità.
Le misure prese dal Governo con il blocco dei contratti, che non si possono rivedere fino alla prossima primavera e tutelano così i consumatori finali, rischiano però, segnalava nei giorni scorsi Davide Tabarelli di Nomisma Energia, di essere un boomerang. Potrebbero, sostiene l’economista, in questa situazione, fallire alcune delle aziende che assicurano una pluralità di offerta sul mercato, perché costrette ad acquistare a prezzi altissimi e rivendere a costi calmierati.
Certo è che servono correttivi immediatamente efficaci non solo interni, come quelli adottati ad esempio in Spagna, ma anche a livello europeo. Il piano di Draghi proposto a giugno di fissare un tetto al prezzo di acquisto del gas russo, ad esempio, sembra trovare nuovi sponsor. In ogni caso, anche la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha lasciato intendere di recente che sia il mercato del gas che quello dell’energia elettrica necessitano di riforme per tutelare i consumatori. Un’azione che oggi diventa quanto mai urgente per fare in modo che Pil e produzione industriale non rallentino e non si finisca in situazioni in cui l’aumento dei prezzi è accompagnato da una decrescita economica tutt’altro che felice.