La sorpresa dietro l’angolo
A otto giorni dal voto la campagna elettorale per le elezioni politiche entra nella sua fase più acuta e velenosa. Il tasso di litigiosità tra gli schieramenti (e in qualche caso anche all’interno di essi) raggiungerà il culmine sino al silenzio elettorale di sabato 24, che sarà accolto dall’opinione pubblica con un sospiro di sollievo.
Nel frattempo i sondaggi sulle intenzioni di voto degli italiani sono stati vietati, o meglio, ne è stata impedita la diffusione. Ma i partiti, nessuno escluso, continuano a commissionarli agli istituti specializzati nel tentativo di capire dove andare a pescare voti.
La sensazione è che il Movimento 5 Stelle, uscito con le ossa a pezzi dall’elezione del presidente della Repubblica e dalla caduta del governo Draghi che ha portato il Paese a elezioni anticipate, sia in grado di dare un colpo di coda. Non al nord, dove l’argine costituito da Lega e Fratelli d’Italia sembra reggere, ma sicuramente al sud, Sardegna compresa.
Perché Conte sta riuscendo nell’impresa non di tenere il movimento ai livelli delle precedenti Politiche (32%) ma a una quota che si aggira intorno al 15% a livello nazionale, con punte oltre il 20% nel meridione e nelle isole?
Due mosse hanno rilanciato i pentastellati. La prima: l’intuizione di Beppe Grillo che, a costo di rompere con Giuseppe Conte, ha imposto il rispetto del limite dei due mandati parlamentari.
Q uesto ha dato la sensazione al popolo grillino di essere tornato ai tempi del “vaffa day” e a una politica distante dagli intrighi di palazzo la cui rappresentazione plastica è identificabile in Luigi Di Maio, anima del M5s ma pronto alla scissione pur di conservare ministero e seggio parlamentare.
La seconda: il reddito di cittadinanza. Una misura che interessa al momento oltre un milione e 150 mila persone e a cui guardano altre migliaia e migliaia di elettori. Questa platea è in gran parte al sud, oltre il 70%. Ecco perché nel meridione il M5s ha il suo zoccolo duro.
Certo, il reddito di cittadinanza è una misura discutibile. Così com’è, ha una terribile somiglianza con il voto di scambio. Andrebbe rivisto, come sostengono tutte le forze politiche, compreso il Pd che teoricamente dovrebbe rivolgersi agli strati meno abbienti della popolazione. Ma la paura di perdere questa misura sta spingendo molti elettori a dare fiducia ai Cinquestelle, strenui difensori del reddito.
A questo punto la domanda è: chi ci rimette dalla possibile tenuta dei pentastellati? In parte Fratelli d’Italia che al sud attira molte simpatie. Ma una quota consistente di voti verrà sottratta al Pd, che rischia di attestarsi sotto il 20%. Anche perché il partito di Letta sta “subendo” un abbrivio negativo simile a quello del 2018.
Tutto ciò avrà ripercussioni in Sardegna. Come si comporteranno i Cinquestelle alle Regionali del 2024? Un’alleanza con il Pd o una corsa solitaria senza velleità di vittoria?
Nel secondo caso ci sarebbe di un classico confronto centrodestra-centrosinistra. Le grandi manovre per le candidature sono già in atto (da tempo abbiamo stabilito che la legislatura regionale è sostanzialmente finita). Solinas è intenzionato a ricandidarsi. Ma non è detto che Fratelli d’Italia, primo partito in Sardegna, sia disposto a puntare sul governatore uscente. Piuttosto, potrebbe indicare un suo candidato: Truzzu, per esempio.
Il centrosinistra si orienterà su un uomo nuovo alla Pigliaru o sull’usato sicuro, come Silvio Lai? L’attuale candidato senatore del Pd avrebbe via libera dal suo partito, posto che Gianfranco Ganau, un altro papabile, ha già messo la prua verso la carica di sindaco di Sassari alle comunali del 2024.
Per concludere con un pizzico di fantapolitica, sarebbe interessante il duello Lai-Truzzu. Il centrosinistra punterebbe, per la prima volta da quando esiste l’elezione diretta, su un candidato del nord Sardegna. Una sfida ardua, specie se contro il sindaco della Città metropolitana di Cagliari, che raccoglie 558 mila abitanti, oltre un terzo dell’Isola. Ma di questo ci sarà tempo per parlarne.