S econdo il Fondo monetario internazionale, nel 2023 metà dell’Europa sarà in recessione, mentre il 2022 sarà ricordato per la ripresa dell’inflazione dopo un lungo periodo di stabilità. Nei Paesi sviluppati questa viaggia su livelli di oltre il 10%, valori che sarebbero stati inconcepibili nel periodo di stabilità che era seguito alle politiche antinflazionistiche dei primi anni ‘90.

Oltre la guerra in Ucraina, alla rincorsa dei prezzi stanno contribuendo vari altri fattori, tra cui la ripresa della domanda aggregata dopo il ristagno della prima fase della pandemia, il verificarsi di strozzature varie dal lato dell’offerta e, da ultimo, l’aumento vertiginoso e incontrollato dei prezzi dell’energia.

In aggiunta all’inflazione e al caro-energia, i fattori negativi in atto che limitano la produzione sono anche la scarsità di materie prime, specie quelle rare, nonché la carenza di materiali e attrezzature produttive. Tutti questi fattori limitano la crescita e, allo stesso tempo, spingono i prezzi verso l’alto. In linea con questi sviluppi, le previsioni di dicembre della Bce indicano un ristagno del Pil europeo, sia per l’ultimo trimestre del 2022, sia per il primo del 2023. Di conseguenza, si riduce il potere d’acquisto delle famiglie.

I nfatti l’inflazione corre più veloce dell’aumento dei salari, e ciò riduce la spesa globale e il reddito reale disponibile, ma allo stesso tempo tende a moderare anche l’inflazione. Pertanto, esistono motivi di ristagno del Pil che si mescolano ad altri che contemporaneamente tendono a mantenere alta l’inflazione nonostante il ristagno della produzione.

Secondo l’opinione di un noto economista, Zsolt Darvas, del centro internazionale di ricerca Bruegel, il 2023 potrebbe tuttavia riservare anche delle sorprese in positivo. Ci sono infatti almeno cinque buone ragioni per il verificarsi di un’inversione generale delle aspettative, che possono preludere ad una stagnazione del reddito più contenuta rispetto alle previsioni, accompagnata ad un’inflazione che a sua volta potrebbe risultare inferiore alle aspettative. La prima è che il consumo di gas nell’Ue ha cominciato a ridursi dal picco d’incremento del 23% verificatosi lo scorso mese di novembre. Ciò lascia intendere che sia le imprese che le famiglie stanno aggiustando il loro consumo effettivo di gas alle ridotte disponibilità sul mercato.

La seconda ragione è che si sono rivelate infondate le paure di alcuni analisti secondo cui l’industria europea, in particolare quella tedesca, sarebbero entrate in crisi se si fosse interrotto il flusso di gas diretto in Germania, e quindi in Europa, attraverso il gasdotto North Stream. In realtà, nonostante la chiusura di questo gasdotto, la produzione industriale dell’Area dell’euro nel mese di ottobre è aumentata del 3,4% rispetto a un anno fa, mentre quella tedesca è comunque rimasta invariata. Inoltre, nonostante la produzione del settore energetico sia scesa dell’8,7% nell’area euro e del 13,2% in Germania, il settore manifatturiero nel suo complesso ha aumentato la produzione del 4,7% nell’area euro e dello 0,8% nella stessa Germania. Ciò significa che l’industria europea è più resiliente di quanto non ci si aspettasse.

La terza ragione è che anche il mercato del lavoro ha retto bene e l’occupazione in Europa è rimasta sostanzialmente invariata e ai suoi massimi livelli. Per contro, i tassi di disoccupazione restano mediamente ai loro valori minimi. Ciò contrasta con l’avvio di una fase discendente del ciclo economico. La quarta ragione conferma l’assunto, in quanto neanche l’aumento dei tassi d’interesse ufficiali, che hanno avviato una politica monetaria restrittiva della Bce, hanno provocato effetti negativi apprezzabili sulla produzione. Infine, la quinta ed ultima ragione è che l’inflazione di fondo in larga misura è trascinata dai prezzi energetici, che in assenza di ulteriori recrudescenze della guerra in Ucraina è destinata ad esaurirsi nel tempo. Perciò, nel 2023, salvo un peggioramento della guerra, potremmo avere una crescita maggiore e un’inflazione minore delle attuali previsioni.

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