Gli Atlanti di Mont’e Prama
I l libro “Nel segno di Orione”, di Mauro Peppino Zedda, mi ha fatto venire in mente una bellissima riflessione del premio Nobel per la fisica, l’americano Richard Feynman, che si può riassumere così: la gente guarda gli alberi e pensa che le piante crescano dalla terra. Ma la sostanza di un albero arriva dall’anidride carbonica, che proviene dall’aria, è la luce del sole che interviene e separa il carbonio dall’ossigeno che viene rilasciato nell’ambiente.
L’albero, quindi, sta nella terra di mezzo tra aria e terra.
L a fotosintesi clorofilliana, sotto l’influenza della luce solare, genera la formazione dei composti organici del carbonio, alla base di tutti i fenomeni biochimici degli organismi viventi. Gli archeologi che si disinteressano del “criterio astronomico” - è questo il senso dell’analogia - sono paragonabili a uomini che negli alberi vedono solo le radici che li àncorano alla terra, e sono incapaci di sollevare gli occhi al cielo e al sole e alla sua luce, da cui dipende il loro ciclo vitale e che è all’origine della vita nel suo complesso.
Già questo è un motivo che rende discutibile il loro impianto conoscitivo e il loro approccio culturale; se poi, come accade a taluni di essi, scambiano un capitello per un modello di nuraghe e costruiscono teorie e interpretazioni fantasiose proprio su questo fraintendimento le perplessità non possono che aumentare.
Al contrario, l’impianto dell’ipotesi di Zedda non solo è solido, ma è il frutto di una sapiente tessitura di carattere interdisciplinare che unisce l’archeologia all’astronomia, alla storia delle religioni, alla topografia, all’architettura, alla tecnologia.
A questo proposito la lettura del libro mi ha fatto sorgere una curiosità, che non so quanto fondamento possa avere: non è possibile che l’arte geometrica in cui sono immerse le stature di Mont’e Prama, ove la figura umana è interamente e in modo evidente piegata a un geometrismo figurativo, possa essere l’indizio di un invito, da parte di chi le ha realizzate, a concentrare l’attenzione sulla geometria, e quindi sulle misure sui rapporti numerici e sulle loro proporzioni, che sono alla base dello studio della volta celeste e delle costellazioni, e quindi a sollevare lo sguardo dalla Terra al cielo?
Se fosse così, se questa interpretazione avesse un minimo di fondamento, i giganti di Monti Prama sarebbero dei “messaggeri d’amore” tra la Terra e il cielo. Non è difficile capire questo riferimento per chiunque abbia visto “The go between”, il bellissimo e famoso film del 1971 di Joseph Losey uscito in Italia, appunto, con il titolo “Messaggero d’amore”. Racconta, com’è noto, la storia di Leo, un adolescente il quale, ospite di un aristocratico compagno di scuola in un castello del Norfolk, fa l'intermediario (the go-between) tra due innamorati segreti (la sorella del suo amico e un fattore), ma è anche il tramite tra due classi, due concezioni di vita.
Da questo punto di vista le sculture di Mont’e Prama sarebbero il tramite (in-between) tra la Terra e il cielo, tra finito e infinito, tra il pianeta in cui viviamo e l’Universo, tra il corpo e lo spirito dell’uomo. Per questo sono sacre, nel senso che dà a questo termine Raimon Pannikar nel seguente, splendido passo: “’Il regno di Dio è fra di voi”. Non dentro di voi, che esprimerebbe una visione intimista delle cose [...]. È in questo intervallo fra gli uomini che si gioca il regno di Dio”. Questo quadro generale acquisterebbe un significato ancora più pregante e suggestivo se venisse in qualche modo accreditata e corroborata l'interpretazione di Zedda che consider a i 18 “pugilatori con lo scudo collocato sopra la testa” come giganti che, a mo’ del Titano Atlante, sorreggono la volta celeste. E ne uscirebbe ulteriormente valorizzata anche l'idea del guanto con la protuberanza come una sorta di percussore, munito di una punta, che fa di questi giganti dei reggitori del cielo, e, nello stesso tempo, delle divinità celesti che avevano il potere di “aprire” il cielo per far cadere la pioggia. A ulteriore conferma della loro funzione di raccordo e di interazione tra i fenomeni celesti e quelli terrestri.