Gugliotta una volta uscito dal carcere potrebbe cominciare, ma non è del tutto certo, un percorso di reinserimento nella società che prevede anche un lavoro in una cooperativa, non a Bologna e neanche in Emilia-Romagna dove sono avvenuti la maggior parte dei crimini commessi dagli uomini della "Uno Bianca". In carcere si è dapprima diplomato poi ha conseguito una laurea triennale in informazione scientifica sul farmaco. "Ha scontato il proprio debito con la giustizia - ha commentato il Pm Valter Giovannini, che ha condotto le indagini bolognesi sulla banda e che arrestò nel '94 Gugliotta -. Ora dovrà fare i conti con la propria coscienza". Rosanna Zecchi, presidente dell'associazione familiari delle vittime della Uno Bianca, si augura che a questa scarcerazione non seguano quelle dei fratelli Savi, i killer della banda: "Non ci fa piacere che torni libero - ha detto la Zecchi - ma la sua pena l'ha già scontata. Prendiamo atto. Speriamo che ora si comporti bene. Io l'ho conosciuto in Corte d'assise che era una gran bugiardo, ma è possibile che nel frattempo sia cambiato. Mi auguro che abbia capito. D'altronde la giustizia ha fatto il suo corso. Quello che spero è che non sia un "apriporta" per gli altri della banda, gli assassini. Gugliotta, secondo quanto è emerso dalle indagini, non ha mai ucciso nessuno".

I FAMILIARI. Intanto le due figlie di Gugliotta, assistite dall'avvocatessa Tiziana Zambelli, hanno  completato la procedura per il cambiamento di cognome, anche per cominciare a vivere in pace. Tra l'altro un paio di anni dopo l'arresto di Gugliotta il suocero si suicidò, probabilmente per la vergogna. "Per loro è stata un'esperienza molto difficile e delicata - ha spiegato la Zambelli - come è umanamente comprensibile. Stanno vivendo anche questo momento con molta sofferenza".

I FATTI. L'avvocato Stefania Mannino, che ha difeso Gugliotta in tutti i gradi di processo, ha ricordato che "Gugliotta  esce dal carcere dopo aver scontato interamente la sua pena". "Confido che la scarcerazione di Pietro Gugliotta - ha aggiunto - sia ora serenamente accettata nel rispetto di una sentenza che ha escluso la sua partecipazione per tutti i fatti di sangue della banda e che, nel comminare una pena comunque elevata, ha tenuto conto di una sua responsabilità morale anche per i delitti da altri commessi". Nei mesi scorsi a Gugliotta era stato dato un permesso premio dal giudice di sorveglianza. Ma contro il provvedimento la Procura di Bologna aveva fatto una reclamo accolto da Tribunale di Sorveglianza, quindi l'ex poliziotto era rimasto in carcere. Gugliotta, in carcere dal '94, era stato condannato a 15 anni per i fatti bolognesi della banda e a 13 per quelli riminesi: la Corte d'Assise d'appello però, nel 2000 gli ha riconosciuto la continuazione, così i 28 anni sono diventati 20. Poi grazie all'effetto dello "sconto" di pena di tre anni che gli è garantito dall'indulto e degli altri benefici, la sua pena è arrivata a conclusione. E' stato il primo dei componenti della banda a chiedere perdono nel febbraio '97. Dopo l'arresto nel '94 cadde in uno stato di prostrazione psicofisica che lo portò per lungo tempo in ospedale. Gugliotta era un agente in servizio alla centrale operativa della Questura, ed è stato condannato per rapine, tra cui la partecipazione al sanguinoso assalto alle poste di via Mazzini a Bologna con decine di feriti, ma non per i più efferati fatti di sangue di una banda composta da poliziotti che tra la metà del 1987 e l'autunno del 1994 si lasciò dietro 24 morti e oltre cento feriti tra Bologna, la Romagna e le Marche, rapinando banche, uffici postali e supermercati, sparando a testimoni o a chi, come unica 'colpà, era nomade o extracomunitario.
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