Messo momentaneamente all'angolo da una giudice del Massachusetts, Donald Trump non molla la presa contro Harvard: il presidente è tornato a minacciare nuovi tagli alla più ricca e famosa università americana, prospettando di tagliarle tre miliardi di finanziamenti federali da destinare alle scuole professionali.

«Che ottimo investimento sarebbe per il nostro Paese!», ha detto il presidente, tornato a usare come casus belli l'accusa che Harvard non ha fornito alla sua amministrazione dati sugli studenti stranieri che il governo in realtà già possiede in quanto i ragazzi sono arrivati negli Usa col visto del Dipartimento di Stato. Scrivendo su Truth, Trump ha dichiarato che sta «ancora aspettando» le liste degli stranieri di Harvard che servirebbero - secondo lui - a «determinare quanti fanatici radicalizzati, tutti piantagrane, non dovrebbero essere riammessi nel nostro Paese».

Notando che il 31% degli studenti di Harvard viene da «terre straniere», il presidente ha detto di «non aver problemi con la maggior parte di loro», ma che in generale «sono troppi», un'affermazione relativa, nel mare del milione di studenti internazionali negli Usa: alla New York University, dove studia il figlio Barron, sono 27 mila, compresi i duemila iscritti ai campus di Abu Dhabi e quelli di Shanghai. Trump ha detto che «ci sono molti americani che vogliono andare a Harvard. Nessun governo straniero dà soldi a Harvard, noi sì». Ed ecco dunque che, in aggiunta ai miliardi di dollari già congelati, Trump ha minacciato una sforbiciata di altri tre miliardi, da destinare alle scuole professionali: una proposta in sé non priva di merito - molti Paesi come la Germania investono in percorsi professionali paralleli alle università - ma in questo caso il messaggio populista nasce come sanzione punitiva verso gli atenei, accusati di essere focolai di elitismo dove professori progressisti laverebbero il cervello ai giovani alimentando l'ostilità ai valori conservatori.

Partito da Columbia, sul banco degli imputati per le proteste anti-Gaza della scorsa primavera, il braccio di ferro di Trump contro l'istruzione superiore ha trovato in Harvard il suo bersaglio preferito. Gli avvocati delle parti stanno affilando le armi in attesa del 29 maggio, quando la giudice Allison Burroughs deciderà se prorogare l'ordine temporaneo che ha congelato il bando all'ingresso degli studenti stranieri. Quello stesso giorno, salirà sul podio delle lauree il medico e umanista etiope-americano Abraham Verghese - gli altri speaker della settimana sono la giornalista della Cnn Christiane Amanpour, il campione Nba e attivista per la giustizia sociale Kareem Abdul-Jabbar, e l'attrice Jody Foster. Ieri a Princeton ha parlato il capo della Fed Jerome Powell: «Le nostre università - ha detto ai laureati della classe 2025 - sono invidiate nel mondo e sono un asset nazionale cruciale».

(Unioneonline)

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