Una password “debole” potrebbe diventare uno dei simboli delle falle nella sicurezza del Louvre. Secondo documenti del 2014 ottenuti da Libération, per accedere al server della videosorveglianza del museo bastava digitare una parola fin troppo ovvia: LOUVRE. E, in tempi non sospetti, un rapporto dell’Agenzia nazionale per la sicurezza informatica aveva già avvertito, dieci anni fa, che «chi controlla la rete del Louvre può rendere più facile il furto di opere d’arte».

Ora, dopo il clamoroso colpo da quasi 90 milioni di euro, la procuratrice di Parigi Laure Beccuau ipotizza che dietro non ci siano grandi menti del crimine ma semplici ladri, forse senza alcun complice interno. A riconoscere le gravi lacune è stata anche la ministra della Cultura Rachida Dati, che ha parlato di «una sottovalutazione cronica e strutturale del rischio di furti».

Grande imbarazzo, dunque, per i vertici del museo. Intanto la caccia al tesoro prosegue. A due settimane da quando i rapinatori si sono introdotti nella galleria Apollo, in pieno giorno, con un montacarichi e sono poi fuggiti in motorino con i gioielli della corona, ancora non c'è traccia della refurtiva. Le indagini proseguono e quattro persone sono in carcere dopo che la polizia ha arrestato due nuovi sospetti, sabato, e altri tre sono stati fermati e poi rilasciati. Si cerca ancora un complice che avrebbe fatto parte del commando così come i possibili committenti. L'ultima operazione delle forze dell'ordine ha riguardato una coppia con figli che vive alla periferia nord di Parigi, a La Courneuve, e nega ogni accusa. Il Dna di entrambi è stato però rilevato sul cestello del montacarichi. La procuratrice Beccuau ha spiegato che le tracce dell'uomo, di 37 anni, sono "significative", mentre quelle della donna, di 38 anni, potrebbero essere "Dna di trasferimento", depositato indirettamente con oggetti o persone. Al momento lui è incriminato per furto in banda organizzata (pena fino a 15 anni) e associazione a delinquere finalizzata a furto in banda organizzata (pena fino a 10 anni), mentre la compagna solo per complicità negli stessi reati. La donna, davanti al giudice, è scoppiata a piangere e ha detto di temere per la sua vita e quella dei suoi figli, proclamandosi del tutto innocente.

Gli altri due arrestati sono stati fermati il 25 ottobre, uno all'aeroporto di Roissy, dove era in partenza per l'Algeria, e l'altro a Aubervilliers. Avrebbero fatto qualche parziale ammissione. Il 37enne era stato coinvolto, in passato, insieme a uno di loro, in un altro caso di furto, a Parigi, nel 2015, scrive Le Figaro. E aveva in totale undici condanne per furto, furto aggravato, reati stradali e atti di violenza. I profili dei sospetti sono distanti dall'immagine di criminalità organizzata che una rapina di queste dimensioni avrebbe potuto suggerire. Secondo la procuratrice Beccuau, intervenuta su France info, sembrano piuttosto persone poco note in quel mondo, «ma che emergono rapidamente per essere coinvolti in crimini organizzati estremamente gravi». 

(Unioneonline)

© Riproduzione riservata