Guerra in Medio Oriente: le ragioni di chi?
Nel conflitto Israele, Iran e Stati Uniti, con molti dubbi sulla posizione che intenderanno assumere altri governiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Si era proposto come Presidente di pace e per la pace, come colui che avrebbe risolto il conflitto russo-ucraino in sole ventiquattro ore. Dal giorno della sua proclamazione, di Donald Trump si intenda, sono trascorse abbondantemente le ventiquattro ore, e sul piano bellicistico, nulla appare essere mutato. Nel frattempo, dopo la manifestazione dell’intendimento di voler trasformare Gaza in un resort turistico (quasi a voler lasciar intendere la costruzione prossima ventura di un ruolo rinnovato della presenza statunitense in loco), sembrerebbe essersi intensificato il conflitto in medio oriente. E proprio gli Stati Uniti d’America, da ultimo, stando a quanto riportato dai media, parrebbero aver scelto di entrare ufficialmente nel conflitto. Perlomeno così sembra, se solo si considera che, nella notte tra sabato e domenica, Donald Trump, ha annunciato l’attacco a tre siti nucleari della Repubblica Islamica (quelli di Fordow e di Esfahan), andati per ciò stesso distrutti. Durissima, quanto meno sul piano verbale, la reazione iraniana: “Ridurremo in cenere le basi Usa in Medio Oriente”. Tale, e di tanta consistenza, sembrerebbe essere stata la minaccia dei pasdaran.
Quale posizione decideranno di assumere i vari governi nazionali occidentali e l’Unione Europea nel suo complesso che fin da subito ha chiesto di tornare al dialogo e alla trattativa? E la Russia e la Cina? Del resto, da parte loro, hanno condannato, a quanto sembra apprendersi dai media, i raid americani in Iran. Anche perché il sostegno bellico concreto offerto dagli Stati Uniti al Primo Ministro Israeliano, di fatto, assume (quanto meno questo parrebbe apparire) tutti i connotati di uno schieramento effettivo.
Azzardare un pronostico quanto maggiormente aderente alla realtà prossima futura, al di là del mero esercizio interpretativo sull’impatto immediato dell’azione militare portata avanti su ordine di Donald Trump, appare quasi inutile. Oramai “il dado è tratto”, volenti o nolenti. La guerra fra Israele e Iran (e ora Stati Uniti sembrerebbe) non accenna dunque a placarsi, e la gravità delle circostanze accavallatesi da ultimo con l’attacco statunitense, rappresentano uno stigma per i paesi arabi, soprattutto quelli del Golfo, rispetto ai quali andrà ad incidere, sia pure non si comprenda ancora bene come, sul loro futuro e su quello del Medio Oriente tutto.
Paradossalmente, se un Iran depotenziato potrebbe idealmente costituire un fattore di gravosa destabilizzazione per la intera regione/area del Golfo, tuttavia, non meno impattante sarebbe (il condizionale s’impone) anche il rischio che Israele, dal canto suo, e forte dell’appoggio ricevuto, si determini nel senso di manifestare i propri “desiderata” in modo più aggressivo. Sicché appare assai difficile non chiedersi se, e come, Israele e Iran, soprattutto dopo l’intervento probabilmente inaspettato degli Stati Uniti, sapranno costruire, se mai sarà possibile, un percorso di nuovi equilibri capace di scongiurare una implementazione delle operazioni militari. Soprattutto allorquando si voglia considerare che se Israele appare in grado di ottenere maggiore successo sul piano militare, tuttavia l’Iran, dal canto suo, sembrerebbe caratterizzarsi per la costanza nella solidità ideologica e politica.
Se l’obiettivo di Donald Trump era quello di piegare a stretto giro la Repubblica Islamica alla resa incondizionata, probabilmente, con la sua azione militare, siffatto obiettivo, potrebbe averlo allontanato. Quale sarebbe, dunque, nell’intendimento di Donald Trump, e quindi del primo ministro israeliano, l’effetto conseguenza di un interventismo statunitense all’interno di un contesto dai contorni indefiniti? Semplicemente (si fa per dire) e puramente un cosiddetto “cambio di regime” che, invero, sembrerebbe rappresentare l’obiettivo dell’offensiva di Netanyahu? E se così fosse, cosa potrebbe sorgere da quelle ceneri? Le conseguenze, allo stato, appaiono inimmaginabili, e la via negoziale sembrerebbe l’unica perseguibile. Sarebbe fondamentale far valere unicamente le ragioni della pace.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro