Donald Trump e Volodymyr Zelensky in Vaticano: verso una pacificazione?
Segnali di apertura, ma molti i nodi da scioglierePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Il fotogramma ha fatto il giro del Mondo accendendo la curiosità di osservatori ed opinionisti: nella cornice della Basilica di San Pietro, nella Città Stato del Vaticano, Donald Trump e Volodymyr Zelensky, entrambi impegnati nella partecipazione alle esequie del Pontefice, hanno avuto l’occasione per intrattenere un breve scambio dialettico, un confronto, una interazione se così la volessimo definire.
Non sembrerebbe essere dato conoscere i termini di quel confronto, ma ai più è parso un segnale di apertura. Gli stessi interlocutori sarebbero stati di poi raggiunti, per qualche istante, anche da Emmanuel Macron e dal premier britannico Keir Starmer.
Nella circostanza occasionata dai funerali del Sommo Pontefice, Donald Trump ha pure intrattenuto uno scambio veloce con la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, con la quale avrebbe concordato un incontro nel prossimo futuro.
Interpretare l’atteggiamento tenuto dal Presidente degli Stati Uniti d’America non appare affatto esercizio semplice, sia per la circostanza, solenne, che lo ha occasionato, sia per la imprevedibilità che ha sempre caratterizzato l’agire del Tycoon. Se lo si volesse astrarre dal contesto, e lo si volesse calare nel contingente, si dovrebbe forse considerare che, diversamente dalle aspettative e dai convincimenti palesati all’atto del suo re - insediamento alla Casa Bianca, il processo negoziale, invero assai articolato e complesso, tra Russia e Stati Uniti sembrerebbe continuare a procedere a passo piuttosto lento. Né probabilmente, ci sarebbe da stupirsi più di tanto.
Ove si volesse tentare di offrire un ragionamento semplice, basato sulla osservazione empirica degli avvenimenti, si potrebbe essere indotti a concludere che se Vladimir Putin possa essere seriamente intenzionato a massimizzare il proprio vantaggio sul campo, in modo da ottenere il più possibile al momento delle trattative, allo stesso modo, Donald Trump, che parrebbe indebolito “in casa” (la formula dubitativa si impone) dalle sue stesse politiche, nel voler minacciare, da ultimo, sanzioni e tariffe commerciali alla Russia intenderebbe indurla a cedere.
Ma, allora, probabilmente (la formula dubitativa è ancora doverosa), ci si potrebbe ritrovare avanti al proverbiale vicolo cieco, siccome il Presidente Americano intenderebbe certamente dare seguito alle promesse elettorali e porre fine al conflitto russo-ucraino, ma non altrettanto, allo stato dell’arte, sembrerebbe volere fare il Presidente Russo, perlomeno nel brevissimo periodo, in assenza di conferme significative sui suoi obiettivi. Insomma, appare ancora tutto in divenire. Tanto più allorquando, per un verso, Donald Trump, stando a quanto divulgato dagli organi di stampa, abbia salutato in maniera positiva gli esiti dell'incontro a Mosca tra Steve Witkoff e Vladimir Putin, rappresentando addirittura che il potenziale accordo tra le due parti contendenti sarebbe vicino siccome la Russia sarebbe pronta ad interloquire con l’Ucraina “senza precondizioni”, e poi, per altro verso, abbia voluto sostenere che Vladimir Putin lo stia "prendendo in giro".
Che le posizioni reciproche fossero divergenti lo si sapeva, e trovare la quadra a tre (Washington-Mosca-Kiev) non sembrerebbe affare da poco. Dicendolo altrimenti: Washington stando a quanto si sarebbe compreso nel corso del tempo trascorso dal momento dell’insediamento del quarantasettesimo Presidente, sembrerebbe volere un accordo che includa, tra l’altro, lo sfruttamento delle risorse minerarie ucraine e che, andrebbe tutto considerato a costituire una garanzia di protezione per il Paese, oltre che la rinuncia dell'Ucraina all'ingresso nella NATO; Mosca, sarebbe pronta a far tacere le armi per l’avvio di colloqui di pace, ove vi siano rassicurazioni sulla neutralità dell’Ucraina, su un potenziale e contestuale cambio di regime nella stessa Ucraina, ed ancora vi siano rassicurazioni sulla cosiddetta smilitarizzazione dell’esercito del medesimo Paese, e sulla cessione alla Russia tutti i territori illegalmente annessi; Kiev, invece, vorrebbe imprescindibilmente che la Crimea resti ucraina, come pure la penisola sul mar Nero, e non appare, tra l’altro, propensa ad accettare alcun limite alla propria capacità militare.
Il discrimine parrebbe essere rappresentato dal fattore tempo, il cui trascorrere potrebbe avere ripercussioni differenti per le tre parti distintamente considerate.
E sempre il trascorrere del tempo offrirà, palesandola, la esatta “lettura” di quel bilaterale tra Donald Trump e Volodymyr Zelensky. Ma, al netto delle ipotesi, quale sarebbe, in prospettiva, l’offerta pacificatrice dell’Occidente Europeo?
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro