Domiciliari negati a Ilaria Salis, il padre Roberto: «A questo punto mi rivolgerò al Quirinale»
Lo sfogo del padre della 39enne di origini sarde da 13 mesi in carcere a Budapest con l'accusa di aver aggredito tre militanti di estrema destra: «Nessuna chiamata dalle istituzioni italiane, al processo nemmeno un parlamentare della maggioranza»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
«A questo punto dovrò fare una chiamata al Quirinale per cercare di avere una mano dal presidente della Repubblica». Così Roberto Salis, ieri sera in tv intervistato a Piazza pulita su La e dopo la notizia, arrivata in mattinata, dei domiciliari negati a sua figlia Ilaria in Ungheria. La 39enne di origini sarde, anche ieri comparsa in aula con catene e manette, è da 13 mesi in carcere a Budapest con l'accusa di aver aggredito tre militanti di estrema destra.
«Non so più cosa farne degli appelli al governo italiano», ha poi aggiunto fra i sospiri Salis. «Oggi non ho ricevuto nessuna chiamata dalle istituzioni italiane. Al processo c'erano sette parlamentari, nessuno della maggioranza».
Per il padre di Ilaria, «è inutile stare a discutere in un paese dove le leggi del diritto sono totalmente calpestate». «La motivazione del diniego» dei domiciliari per Ilaria, ha detto fra l'altro, «era già pronta» prima dell'udienza.
L’UDIENZA – «Le circostanze non sono cambiate» e «13 mesi di carcere non sono poi tanti»: si sono infrante contro queste due frasi pronunciate dal giudice Jozsef Sòs le speranze di Ilaria Salis di uscire dal carcere dove è reclusa dal febbraio del 2023 per attendere l'esito del suo processo in Ungheria.
È dunque arrivata senza troppe esitazioni e nessun attimo di riflessione la decisione della giustizia ungherese che non ha fatto nessuno sconto all'attivista italiana, accusata di due aggressioni nei confronti di militanti di estrema destra e di far parte di un'associazione criminale. Troppo pesanti le imputazioni per concederle i domiciliari, anche con il braccialetto elettronico, e per cambiare il suo status di detenuta pericolosa, che viene quindi trasferita con manette e catene alle caviglie, oltre a essere tenuta da un'agente con un'altra catena come un guinzaglio.
A nulla, dunque, sono serviti il clamore mediatico, le reazioni internazionali e gli appelli del governo italiano.
«È stata trattata ancora come un cane», è stato lo sfogo di suo padre Roberto al termine dell’udienza. A nulla è dunque servita l'arringa difensiva concentrata sui "cambiamenti importanti" rispetto all'udienza precedente: Ilaria ora ha un domicilio ungherese dove può stare anche con il braccialetto elettronico e svolgere un lavoro on line. Inoltre, si è sempre comportata bene in carcere e non ha "nessunissima intenzione di scappare o nascondersi".
Conferma Ilaria Salis, interrogata dal giudice: «Non ho nessuna intenzione di sparire o scappare e quindi posso stare ai domiciliari anche a Milano».
Parla poi la procuratrice che parte a razzo e non si ferma mai, e la traduttrice non ha nessuna chance di starle dietro: in sostanza, conferma le accuse che riguardano reati troppo gravi e quindi non deve esserci nessun alleggerimento delle misure cautelari, ricordando ancora che i colpi che avrebbe inferto la Salis alle vittime erano "potenzialmente letali".
La decisione del giudice arriva dopo nemmeno un attimo di pausa: «Le circostanze non sono cambiate», esiste sempre il pericolo di fuga e una detenzione cautelare di 13 mesi «non è tanto lunga vista la gravità dei reati stabiliti dalla Procura».
(Unioneonline/v.l.)