È una "dancing queen" la Theresa May che è salita oggi sul palco del congresso annuale del partito conservatore. Letteralmente, perché la premier inglese è entrata a passo di danza, sulle note degli Abba.

Un siparietto autoironico, un po' di sano "girl power", che il primo ministro si è concessa per sdrammatizzare le tensioni e il pressing che sta ricevendo da ogni parte sulla Brexit: dall'Europa, dall'opposizione laburista, e persino dalle frange più conservatrici dei Tory.

Il suo appello, però, è quello all'unità: "Se restiamo assieme e se teniamo i nervi saldi, so che possiamo ottenere un accordo soddisfacente per il Regno Unito", ha detto.

All'interno del suo partito, la "ribellione" interna è guidata dall'ex ministro degli Esteri, Boris Johnson. Per l'ex sindaco di Londra, May porterà il Paese a cedere alla volontà e al controllo dell'Unione europea, e il suo piano Chequers non è adeguato. La premier lo ha invece difeso nel suo discorso, aggiungendo: "Nessuno vuole un buon accordo più di me" sulla Brexit, ma "non un accordo a ogni costo: il Regno Unito non ha paura di uscire senza accordo, se deve farlo". Tuttavia, ha proseguito, "bisogna essere onesti": senza un'intesa sui termini del divorzio con Bruxelles, "ci sarebbero difficoltà".

E poi, mostrando ottimismo: "Credo appassionatamente che i nostri giorni migliori siano davanti a noi, che il futuro sia pieno di promesse. Abbiamo tutto ciò di cui abbiamo bisogno per avere successo". E a proposito del referendum, ha ribadito di escludere che se ne possa tenere un secondo: "Lo chiamano voto popolare, ma abbiamo già avuto un voto popolare e il popolo ha scelto di lasciare. Sarebbe un voto politico: i politici hanno detto alla gente che ha sbagliato la prima volta, e che deve scegliere di nuovo".

(Unioneonline/D)

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