Rilasciato il permesso di soggiorno per protezione sociale per tre cittadini bengalesi "vittime di sfruttamento del lavoro" nell'ambito di un'inchiesta di squadra mobile e procura pratesi che a febbraio ha portato all'arresto di tre cinesi.

A concludere la pratica l'ufficio immigrazione della questura di Prato.

Le indagini hanno permesso di raccogliere "gravi elementi indiziari" nei confronti del "datore di lavoro 'formale' e di due imprenditori 'occulti'", ritenuti "responsabili di continuative condotte di sfruttamento del lavoro di circa 30 stranieri", tra cittadini bengalesi, pakistani e un cinese, impiegati in una ditta di confezioni a Prato.

Circa la metà delle maestranze, secondo le accuse, avrebbe lavorato in nero, tutti fino a 14 ore al giorno, senza contributi e riposi settimanali, in locali "privi delle minimali condizioni di sicurezza e igiene" e "sottoposti a metodi di sorveglianza a distanza". I lavoratori sarebbero poi stati costretti a mangiare negli stessi spazi delle lavorazioni e "a riposare in prospicienti locali dormitorio in condizioni igienico sanitarie precarie e di sovraffollamento".

In favore delle vittime, nei giorni scorsi, sono state avviate "mirate iniziative da parte dell'amministratore giudiziario dell'impresa tessile, nominato dal gip, al fine di regolarizzare, ove possibile, la posizione previdenziale e contributiva; inoltre, nell'ambito della collaborazione istituzionale tra procura e servizi sociali e dell'immigrazione del Comune, coloro che hanno manifestato interesse sono stati inseriti in mirati progetti di accoglienza ed integrazione".

"Pertanto, in considerazione della sussistenza dei presupposti di legge, tra cui la proposta dell'autorità giudiziaria procedente - conclude la questura -, gli stranieri hanno richiesto e ottenuto un permesso di soggiorno per protezione sociale" della durata di 6 mesi, prorogabile. In corso un'analoga pratica per un altro cittadino bengalese.

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata