Si trova all'ingresso della città, in una zona che oggi è diventata un quartiere di eleganti ville, ribattezzato "Città giardino".

Lì sono tornati di recente gli investigatori della Dia di Palermo, sulla base delle indicazioni fornite dai pentiti che hanno riaperto le indagini sulla scomparsa di un coraggioso maresciallo della polizia penitenziaria che lavorava all'Ucciardone di Palermo, Calogero Di Bona. Anche lui morì lì, strangolato e carbonizzato. Lo uccisero i boss Lo Piccolo, Liga e Riccobono Scoperto il luogo il cui il corpo venne bruciato: forse fu usato anche per altri cadaveri.

L’attività investigativa ha permesso di raccogliere elementi di prova nei confronti di due eragstolani, Lo Piccolo e Liga, attualmente agli arresti ospedalieri per motivi di salute. Il mandante dell’efferato delitto fu il sanguinario capo mandamento di Tommaso Natale, Rosario Riccobono, scomparso per lupara bianca, che, oltre ai nuovi indagati, coinvolse altri mafiosi, oggi deceduti, nella progettazione ed esecuzione del delitto.

Si trattava di punire quello che dai mafiosi era considerato il responsabile di un presunto pestaggio subito in cella da Michele Micalizzi, legato entimentalmente a Margherita Riccobono, figlia del boss.

In realtà, è stato accertato che lo stesso Micalizzi era stato condannato il 23 novembre 1979 a otto mesi di reclusione, in quanto riconosciuto colpevole del reato di lesioni ai danni di un agente penitenziario. All’interno delle mura dell’Ucciardone, il 6 agosto 1979 una giovane e inesperta guardia carceraria fu dirottata presso la famigerata IV sezione dove si trovavano numerosi uomini d’onore ritenuti maggiormente pericolosi, e che al tempo stesso fungeva da infermeria. La guardia, constatato che quei reclusi si muovevano "troppo liberamente", ne aveva richiamati alcuni nel tentativo di farli rientrare nelle rispettive celle. Per tutta risposta due di loro lo hanno pestato. Nessuna conseguenza subirono i colpevoli.
© Riproduzione riservata