I due coreani salvati nella notte a bordo della Costa Concordia incagliata all'Isola del Giglio erano alla loro prima crociera, in viaggio di nozze, ed erano saliti a bordo proprio ieri a Civitavecchia. Per estrarli è stata necessaria un'ora e mezza di lavoro. I loro nomi sono Hye Jim Jeong e Kideok Han, entrambi dell'83. Quando sono scesi all'isola del Giglio dopo il salvataggio avevano i volti provati, ma erano tranquilli. Il vigile del fuoco Fabio Bargagna, capo della squadra speleo-alpino-fluviale (Saf) che li ha tirati fuori, racconta così le fasi del salvataggio: "Abbiamo perlustrato la nave, iniziando dal ponte 6, controllando cabina per cabina. Arrivati a poppa, abbiamo chiamato, con la speranza che qualcuno ai piani inferiori ci rispondesse. E così è stato". I due coreani erano erano nella cabina 303 all'ottavo ponte e sono rimasti sempre chiusi lì dal momento del naufragio. "Sentivamo i vostri rumori - hanno raccontati ai soccorritori - ma non siamo riusciti a farci sentire. Poi finalmente ci avete trovato". Ai vigili del fuoco i due sposini hanno anche detto di non nè visto nè sentito altre persone intorno a loro in queste 24 ore. Per questo i pompieri continueranno tutta la notte a lavorare nei ponti non invasi dall'acqua, perché la speranza che vi siano altre persone in vita non è stata abbandonata.

IL NAUFRAGIO -Un boato e poi il buio. Le urla dei bambini indifesi e le note del pianista che continua a suonare, prima di buttarsi in mare preso dal panico. "E' stato un incubo, sembrava di essere sul Titanic. Abbiamo veramente creduto di morire", racconta chi è sopravvissuto. Sono le 21,40 di venerdì quando la Costa Concordia si schianta contro uno scoglio a 300 metri dall'isola del Giglio per poi piegarsi paurosamente su un fianco: naufragio in piena regola. E allora potrà pure chiamarsi 'Profumo di Agrumi' e ci si potrà pure augurare che sia una crociera musicale come il nome che le è stato dato. Ma non si potrà dimenticare la legge del mare: non si naviga sottocosta, specie di notte.

Tre morti e una sessantina di feriti, di cui due gravi, è il bilancio molto provvisorio. Perché ci sono ancora 41 persone tra ospiti ed equipaggio che mancano all'appello: ufficialmente sono dispersi. Si spera siano sfuggiti ai conteggi ufficiali - che per tutto il giorno hanno ballato paurosamente -, si teme siano in fondo al mare, intrappolati nei ponti sommersi della nave che non sono stati ancora raggiunti dai soccorritori. I sommozzatori dei vigili del fuoco non sono scesi: troppo grande è il rischio che la nave scivoli giù sul fondale, finendo per inabissarsi completamente.

Le ricerche - almeno nei ponti non completamente sommersi - andranno avanti per tutta la notte e domani, probabilmente, si tenterà di scendere fin laggiù. Per scacciare l'incubo e sperare che siano soltanto i numeri a non tornare. Era partita mercoledì da Cagliari e ieri aveva fatto tappa a Civitavecchia, la Concordia, 1.500 cabine per ospitare fino a 3.800 persone con un unico obiettivo per i turisti: divertirsi e dimenticare il grigio della vita quotidiana. A bordo, ieri sera, c'erano 3.216 passeggeri e 1.013 membri di equipaggio. 4.229 persone di 62 nazionalità, una babele di lingue e religioni.

La meta era Savona, terza tappa di un viaggio di otto giorni nel Mediterraneo, che d'inverno costa meno ma è bello e caldo comunque quando vieni dal Kazakistan o dalla Polonia. Poi sarebbe toccato a Marsiglia e al suo Pastis, Barcellona e Palma de Maiorca come assaggio di Spagna. E poi di nuovo in Italia. La corsa folle tra il blu del mare, e oggi anche del cielo, si è interrotta su un gruppo di scogli a 300 metri da Giglio Porto. "Abbiamo sentito un boato, saranno state le 21.30, ci siamo affacciati e abbiamo visto delle scintille lungo la fiancata della nave. Abbiamo subito capito che aveva urtato contro 'le Scolè dicono gli abitanti dell'isola che, in una gara di solidarietà che riempie il cuore, hanno aperto le loro case e offerto ai naufraghi tutto ciò che avevano.

L'urto è stato violentissimo: la Concordia ha letteralmente strappato uno scoglio del diametro di cinque metri, che si è conficcato nella carena di sinistra, aprendo uno squarcio di 70 metri. Un altro squarcio è su un altro punto della nave. Dopo l'impatto, il comandante ha proseguito la corsa per almeno altri 700 metri, per poi gettare l'ancora. Una manovra che ha consentito alla nave di girarsi e di avvicinarsi ulteriormente alla costa. Se non fosse stata fatta, probabilmente, la tragedia avrebbe assunto dimensioni da apocalisse.

Immediati sono scattati i soccorsi, ma sulla nave qualcosa non ha funzionato. "L'equipaggio ci ha assistito - hanno detto molti dei passeggeri una volta sbarcati - ma quanto ad organizzazione, zero. Nessuno sapeva cosa fare. E in molti ci hanno raccontato che il comandante era ben consapevole del pericolo, ma ha atteso un'ora e mezza per dare l'ordine di abbandonare la nave". "Le procedure sono state rispettate e l'evacuazione si è svolta nei tempi previsti", controbatte la compagnia.

Fatto sta che per almeno un'ora sulla Concordia c'è stato il panico vero. Urla, almeno un centinaio di persone che si sono lanciate in mare e sono state miracolosamente ripescate, giubbotti salvagente strappati di mano in mano e bambini tenuti in alto per sottrarli alla furia di una folla in preda alla follia. Alla fine quasi tutti sono arrivati a riva: tranne due francesi e un peruviano, i cui cadaveri sono stati recuperati dalle centinaia di soccorritori di tutti i corpi dello Stato.

Due inchieste sono state aperte per capire come e perché la nave si trovasse lì: vuole saperlo il ministero delle Infrastrutture, e, soprattutto, vuole saperlo la procura di Grosseto, che indaga per disastro, omicidio e naufragio colposi e ha disposto il fermo del comandante della Concordia Francesco Schettino anche per l'abbandono della Costa Concordia. Assieme a lui è indagato anche l'ufficiale di plancia. Una prima risposta potrà arrivare dalle scatole nere, ma è già chiaro a tutti che la nave si trovava dove non doveva essere. Ora bisogna stabilire il perché. Sull'isola la risposta già ce l'hanno, anche se la dicono a mezza bocca: il comandante, come tutti i comandanti delle navi di crociera, non ha fatto altro che ripetere una "prassi". Quando si passa nei pressi di un'isola, ci si avvicina il più possibile per portare il saluto. Schettino però si è avvicinato troppo. "Sarà l'inchiesta a stabilire se è stato un guasto tecnico o altro", dice il direttore generale di Costa Crociere, Gianni Onorato. Come per dire: non è escluso che il comandante abbia sbagliato.

Schettino, dal canto suo, ha ripetuto tutto il giorno che non ha sbagliato rotta e che quello scoglio, sulle mappe, non era segnalato. "Lì non c'era, non doveva esserci". Smentito dagli abitanti dell'isola. Con il calare della sera, le luci delle fotocellule illuminano le linee della nave, ormai inclinata oltre i 90 gradi. E sul molo, distante 500 metri, lo sguardo passa dalla Concordia a 'Le Scole'. "Non doveva passare di là", dicono i pescatori ricordando quando, il 2 settembre del 2005, la bottiglia di champagne, non si ruppe sbattendo sulla fiancata il giorno del varo. Presagio di sfortuna. E chi va per mare a queste cose è assai attento.

LE TESTIMONIANZE DI DUE SARDI - Silvana Caddeo, Ignazio Deidda e Mirella Corda erano partiti mercoledì da Cagliari. Ieri sera - la nave aveva lasciato Civitavecchia alle 19 e si dirigeva verso Savona - stavano cenando nel salone principale della nave quando, alle 21 e 40, hanno sentito un colpo fortissimo. "Subito dopo l'impatto dagli altoparlanti ci hanno detto che era un guasto elettrico per tranquillizzarci - raccontano - ma la gente urlava, i bambini piangevano e sono andate via tutte le luci. E' stato un incubo". I passeggeri raccontano che si è capito immediatamente che la situazione era grave tanto che la nave si è immediatamente inclinata da un lato e, dopo circa mezz'ora, dall'altro. Secondo i passeggeri alcune persone si sarebbero anche buttate in mare. "Abbiamo visto due ragazzi che si sono buttati in acqua - dice Silvana Caddeo - non so se li hanno ripescati. E anche alcune scialuppe l'equipaggio non è riuscito a calarle in mare perché la nave era troppo inclinata".

"Prima di abbandonare la nave abbiamo aspettato un'ora e mezza. L'equipaggio ci ha detto che il comandante sapeva che eravamo in pericolo ma non ha fatto subito quello che doveva fare. Il personale è stato eccezionale, ci sono stati vicini - aggiungono Silvana Caddeo e il marito Ignazio Deidda - ma l'organizzazione era zero". I sopravvissuti hanno invece voluto ringraziare la popolazione dell'Isola del Giglio. "Si sono spesi in ogni modo per noi, ci hanno dato tutto quello che avevano".
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