Elena era nel suo ufficio. Aveva un compito semplice da svolgere, di natura amministrativa: doveva preparare le buste da distribuire agli ospiti che si dovevano imbarcare a Savona. Sul relitto è rimasta fino alle 4 del mattino, dopo aver visto partire molte zattere cariche di naufraghi. Sulla terra ferma è arrivata grazie ad un elicottero della guardia costiera, dopo essere rimasta accanto ad una famiglia francese di cinque persone. "Quando la nave è sbandata, intorno alle 9,40, ero in ufficio. Non ho avuto paura, mi era già successo su un'altra nave in uscita dal porto di Copenaghen e papà mi ha abituato da sempre alla vita in barca", racconta. Sul momento, Elena, arrivata davanti alla reception, nella hall centrale, cerca di tranquillizzare i passeggeri. "Saranno state le 10,40 quando abbiamo sentito i sette fischi lunghi del segnale di emergenza", ricorda. E' a quel punto che Elena si dirige verso il ponte sei, dov'era la sua cabina per prendere i giubbotti di salvataggio. "In cabina la luce non c'era ma nei corridoi funzionava". Da allora comincia la sua lunga attesa al ponte quattro. "La zattere erano tutte piene. Io so che l'equipaggio non sbarca prima", dice. Eppure aveva un ruolo amministrativo e nessun ruolo specifico nello sbarco. "Alle 11,40, dopo aver visto partire tutte le zattere di salvataggio, sono rimasta accanto ad una famiglia di cinque francesi, tra di loro anche un ragazzino down", dice. "La nave si era ormai inclinata a 90 gradi. A quel punto ho chiamato di nuovo al telefono mia sorella. Alle 4 di notte è arrivato un elicottero di soccorso della Guardia costiera". L'angelo custode si è materializzato in Stefano, un ragazzo di Grosseto, di cui Elena ricorda la tuta fosforescente. "E' stato bravissimo. Mi ha passato una torcia. Siamo riusciti a salire sull'elicottero grazie ad una scala fatta con un cancelletto della nave, stando attenti che il vento non ci spazzasse via". Ma per Elena l'odissea non era finita. "Abbiamo i gradi, dobbiamo dimostrare di meritarceli", dice oggi dalla sua casa in provincia di Savona, come se fosse la cosa più naturale del mondo. Per due giorni all'hotel "Fattoria La Principina" si è data da fare per cercare di aiutare chi doveva rientrare a casa. "Avevo la mente fresca e mamma mi ha portato abiti puliti". "Ricordati che siamo una squadra", mi diceva un ammiraglio della Costa Crociere. E allora il comandante Francesco Schettino? "Se ci sono venti persone disperse vuol dire che una parte della squadra non ha funzionato bene", risponde secca senza voler aggiungere altro. Quella notte Elena ha telefonato almeno cinque volte al ponte 8, quello di comando, e "non c'era nessuno". "Non mi sento di giudicare, certo resto perplessa".
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