È morto nella sua casa di Catania, a 99 anni, Antonio Pallante, l'attentatore di Palmiro Togliatti.

Era il 14 luglio 1948 quando esplose quattro colpi di pistola, tre andati a segno, contro il leader del Partito comunista italiano. Il “Migliore” era appena uscito dalla Camera dei deputati in compagnia di Nilde Iotti, che rimase illesa. Pallante partì armato da Randazzo, nel Catanese, dove viveva, e agì da solo spinto, disse, dalla paura del pericolo dell'espansione del comunismo in Italia.

«Mio padre ci ha sempre detto che quel gesto lo ha fatto semplicemente perché da studente vedeva qualcosa che poteva essere una minaccia per la democrazia, intravedendo il legame tra Togliatti e l'Urss», spiega il figlio.

Non si è mai più occupato, almeno pubblicamente di politica, ma non si è mai ufficialmente pentito del suo gesto, giudicandolo ripugnante ma pensando che fosse la cosa giusta da fare per salvare il Paese dal rischio comunista. Il tentato omicidio, commesso dopo la vittoria della Democrazia cristiana alle politiche del 1948, portò l'Italia a un passo dalla guerra civile. Ci furono forti manifestazioni di piazza che spinsero Togliatti, ferito alla nuca e al torace, a rilasciare un'intervista dal Policlinico di Roma, dove era stato operato, per tranquillizzare tutti.

«Sono fuori pericolo», disse il leader del Pci, assicurando a tutti i compagni che presto sarebbe «tornato al suo posto». La Cgil guidata da Di Vittorio sospese lo sciopero generale annunciato e i parlamentari del Partito comunista italiano ritirarono le loro dimissioni. A riportare la tranquillità sociale, si ipotizzò, contribuì anche la quasi contemporanea vittoria di Bartali di una tappa e poi del Tour de France.

Ex seminarista e poi componente membro della Gioventù Italiana del Littorio per poi fare campagna elettorale nel 1948 per il Blocco Democratico Liberal Qualunquista, un piccolo partito nato da una scissione del movimento antipolitico Fronte dell'Uomo Qualunque, Pallante era un oscuro 24enne studente fuoricorso di Giurisprudenza.

Dopo la sparatoria fu arrestato dai carabinieri e disse di avere acquistato l'arma a Randazzo e di essere arrivato a Roma con l'obiettivo di assassinare Togliatti. Processato per tentativo di omicidio fu condannato a 13 anni e otto mesi di reclusione. La pena in secondo grado fu ridotta a dieci anni e otto mesi. Dopo l'intervento della Cassazione e a un'amnistia scontò cinque anni e tre mesi di carcere e fu scarcerato nel 1953. Dopo avere lasciato la prigione, non essendo stato interdetto dai pubblici uffici, trovò lavoro alla Forestale, come suo padre, e poi alla Regione Sicilia.

Il decesso è avvenuto nel luglio scorso, ma la notizia è trapelata soltanto oggi dai familiari. Avrebbe compiuto cento anni il prossimo 23 agosto.

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata