«Metto fine a questa mia non vita». Queste le ultime parole di Daniele Berna, malato di Sla che ieri, a 67 anni, ha interrotto la ventilazione forzata dopo una sedazione palliativa profonda a Sesto Fiorentino (Firenze).

Fino a ottobre 2019 era un manager nel settore degli impianti dentali, poi sono arrivati i primi sintomi e a giugno 2020 ha scoperto di aver la Sclerosi laterale amiotrofica, che gli ha tolto la capacità di parlare e muoversi autonomamente.

«Dopo l'intervento della tracheostomia ho fatto un percorso sulla base della legge 219 del 2017, per poter interrompere la terapia della ventilazione forzata - ha scritto in uno dei suoi ultimi messaggi -. Domani le cure palliative dell'Asl saranno a casa mia. Sono arrivato alla conclusione di farlo perché è importante secondo me mantenere una dignità di vita, che questa malattia ti porta via giorno dopo giorno. Ho anticipato la fine della malattia e sento di aver vinto sulla Sla».

La legge citata prevede che il paziente possa decidere e lasciare scritto cosa vuole, o non vuole, nel caso non sia più in grado di intendere e di volere. Sapendo di avere una patologia e quale sarà l'esito, la persona concorda coi medici curanti come vuole gestire le fasi finali della malattia: tra queste possibilità, nella Sla, si può scegliere di essere attaccati a un ventilatore o interrompere la ventilazione forzata, rifiutando il trattamento sanitario come previsto dall'articolo 32 della Costituzione.

«Non si ha a che fare con l'eutanasia - spiega Piero Morino, ex direttore Cure palliative di Asl Toscana centro -. Il paziente con Sla ha tutti i diritti di sospendere la ventilazione ed essere addormentato, e sospendere un trattamento che per lui è vitale».

(Unioneonline/L)

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