Beneficenza, crisi di fiducia: il 49% degli italiani non ci crede più dopo il Pandoro-gate
Non è stato solo uno scandalo mediatico, ma uno spartiacque economico e culturalePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Negli anni delle uova “solidali” griffate e dei pandori rosa a sfondo benefico, qualcosa si è rotto. La parola “donazione”, un tempo sinonimo di altruismo, oggi per molti italiani è da verificare con attenzione.
I numeri lo confermano: quasi un italiano su due (49%) dichiara di non fidarsi di charity, Ong e fondazioni. È il livello più basso dal 2019, nonostante – o forse proprio perché – il non profit continui a gestire una massa economica imponente.
A ricostruire cosa è successo dopo il Pandoro-gate e gli altri casi di beneficenza usata come leva di marketing è una nuova inchiesta di Truffa.net, portale specializzato in informazione e prevenzione delle truffe. Incrociando dati internazionali sulla fiducia, numeri aggiornati su Ong, donatori e volontari, e i principali procedimenti dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm) e dei tribunali italiani, emerge un paradosso tutto nazionale: un settore ricco, strutturato e globale che opera però su una base di fiducia sempre più fragile.
Tra il 2022 e il 2023 la fiducia degli italiani verso Ong e fondazioni è scesa dal 54% al 49%, in parallelo all’esplosione del Pandoro-gate e ad altri casi di pubblicità ingannevole a sfondo benefico. Un minimo storico.
Nel 2024 si intravede un timido recupero, subito riassorbito dall’avvio del processo Ferragni e dalla riemersione di vicende simili. Il risultato è un’Italia che si muove in controtendenza rispetto al resto del mondo: a livello globale, la fiducia nelle Ong sfiora il 60%. Un fossato di dieci punti percentuali che racconta un problema culturale prima ancora che economico.
La sfiducia ha un effetto diretto sui comportamenti. Solo il 13% dei titolari di conto corrente dichiara di aver donato denaro a cause benefiche negli ultimi dodici mesi. Una minoranza netta, con un identikit ben definito: più spesso uomini (52%), tra i 45 e i 64 anni, con istruzione medio-alta e redditi sopra la media. Donano soprattutto professionisti qualificati, lavoratori autonomi e pensionati “benestanti”, mentre restano ai margini i giovani con contratti precari e salari bassi.
Conta anche la geografia: i donatori sono concentrati nelle aree urbane.
Eppure, dentro una platea mediamente adulta, spicca la presenza della Generazione Z, che rappresenta il 21% di chi dona. Giovani informati, molto attivi online, sensibili ai temi ambientali e politici e spesso tra i primi a ricordare e discutere scandali come il Pandoro-gate.
Ma, il non profit italiano non è affatto marginale. Le Ong impegnate nella cooperazione internazionale e nell’aiuto umanitario gestiscono oltre 1,4 miliardi di euro di bilanci annui, possono contare su più di due milioni di donatori privati, circa 29 mila operatori e oltre 52 mila volontari.
A questi numeri si aggiungono le fondazioni bancarie, che solo nel 2024 hanno erogato più di 1,2 miliardi di euro in cultura, ricerca, welfare locale e ambiente. Un universo vasto, professionalizzato e internazionale, che però deve fare i conti con un capitale immateriale sempre più scarso: la fiducia.
L’inchiesta ripercorre i passaggi chiave che hanno alimentato la diffidenza: dal caso Balocco–Ferragni, con il pandoro “Pink Christmas” presentato come legato all’acquisto di un macchinario ospedaliero già finanziato, alle uova di Pasqua griffate Ferragni e Dolci Preziosi collegate all’impresa sociale “I Bambini delle Fate”. Fino alla sanzione dell’Agcm a GoFundMe per la scarsa trasparenza sulle commissioni e al decreto del Tribunale di Torino del 23 aprile 2024 su una campagna in cui la donazione era già avvenuta ma comunicata come proporzionale alle vendite. Episodi diversi, ma accomunati da una stessa dinamica: un linguaggio benefico che non corrisponde ai meccanismi economici reali.
«Il profilo che emerge è quello di un’Italia in cui la fiducia nelle charity è bassa, ma l’attenzione è altissima», spiega Eli Carosi, esperta di Truffa.net e autrice dell’inchiesta. «Donano meno persone rispetto ad altri Paesi avanzati, ma quelle che donano sono più consapevoli, informate ed esigenti. Sono cittadini che leggono i comunicati dell’Agcm, conoscono espressioni come “pratica commerciale scorretta”, cercano il termine “Pandoro-gate” su Treccani e commentano sui social le campagne benefiche di aziende e influencer».
(Unioneonline/Fr. Me.)
