Il Tribunale dei ministri di Roma ha concluso l’indagine sulla mancata consegna del generale libico Najeem Osama Almasri alla Corte penale internazionale e si prepara a decidere se archiviare il caso o procedere con una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di quattro figure chiave dell’attuale governo: la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro della Giustizia Carlo Nordio, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano.

I magistrati contestano, a vario titolo, i reati di favoreggiamento, peculato e omissione di atti d’ufficio.

Al centro dell’inchiesta, la gestione del fermo del generale Almasri, arrestato a Torino il 19 gennaio su mandato della Corte dell’Aia e poi rapidamente rimpatriato in Libia, su richiesta del governo di Tripoli e con il coinvolgimento diretto di più dicasteri italiani.

L’indagine si è concentrata in particolare sul ruolo del Guardasigilli. Dagli atti emerge che già nelle prime ore successive al fermo, il ministero della Giustizia era informato della gravità del caso. Giusi Bartolozzi, capo di gabinetto di Nordio, ricevette comunicazioni dal Dipartimento affari di giustizia e invitò alla massima cautela, suggerendo di evitare scambi ufficiali e di usare canali criptati. Un comportamento che, secondo i giudici, potrebbe indicare un intento consapevole di eludere la procedura prevista per la cooperazione con la Corte penale internazionale.

Nella sua ricostruzione parlamentare, Nordio ha dichiarato di aver ricevuto solo una segnalazione vaga nella giornata di domenica 19 gennaio e di essere stato formalmente informato il giorno successivo. T

Ma i documenti acquisiti durante l’indagine indicano che già dal pomeriggio di domenica era stato trasmesso, tramite piattaforma Prisma, l’atto d’accusa completo firmato dai giudici dell’Aia.

Nonostante i tentativi interni al ministero di “sanare” il fermo con un provvedimento da sottoporre alla firma del ministro, l’ordine non è stato mai formalizzato.

Il generale è stato invece espulso due giorni dopo, su volo di Stato, in esecuzione della richiesta libica. Anche Piantedosi risulta coinvolto nell’attuazione del rimpatrio.

Il ministro della Giustizia è stato convocato per essere ascoltato come indagato ma ha comunicato di non poter partecipare per altri impegni.

A quel punto, la difesa — affidata all’avvocata Giulia Bongiorno — ha proposto di sentire il sottosegretario Mantovano. La stessa Bartolozzi è stata interrogata come testimone.

Con il deposito degli atti, il Tribunale dei ministri si avvia verso una decisione che potrebbe avere un impatto politico rilevante. La scelta tra archiviazione e rinvio a giudizio di una parte centrale dell’esecutivo è attesa nelle prossime settimane.

(Unioneonline/Fr.Me.)

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