dal nostro inviato

Paolo Paolini

Sette agosto 2009, esco di casa con la cartellina da lavoro sottobraccio. Sono in via Alghero, a Cagliari, semaforo verde per i pedoni, tre ragazze davanti a me, attraverso la strada sereno. Arriva un'auto da via Dante, guida una donna, nel sedile posteriore c'è il figlio paraplegico. Tutti i giorni fanno lo stesso tragitto, da Quartu al centro specializzato. Le tocca la spalla, lei si gira: «Amore, cosa c'è?». Mi travolge catapultandomi sei metri più in là, atterro davanti al bar Europa, la testa si schianta sull'asfalto. È il colpo di grazia. Ventuno giorni di coma, dieci fratture al cranio, un mese e mezzo di neuroriabilitazione, un anno e mezzo di terapie. Pian piano riprendo a fare ciò che facevo. Sono vivo.

L'uomo che non sente odori e può solo ricordare i sapori di un'altra vita è in bilico tra Cagliari e Villacidro. «Ho il cinquantasei per cento di danni biologici permanenti», sintetizza Gianluca Cadeddu, «i medici sostengono che entro cinque anni mi spegnerò come una candela». Quarantun anni, ex guida turistica in mezzo mondo per Turisanda, chiuderà il negozio di famiglia a Villacidro per dedicarsi alla scrittura, ha già mandato in stampa tre libri: «Cinque parti del cervello mi hanno abbandonato per sempre. Della zona sottocorticale pre-frontale, quella arcaica e remota collegata direttamente con i sensi, due quinti sono fuori uso. Cancellati olfatto e gusto. Come uomo e autore sono dimezzato. Posso mangiare segatura o salsiccia, sento solo qualcosa che scivola nello stomaco. Vendo calzature e non sento più l'odore del pellame».

Il profumo che le dispiace non sentire più?

«Quello della pelle della mia compagna. Non dico che risolvesse ogni problema, ma era un momento che alleviava molto le tensioni. Ho nostalgia anche dell'odore acre della salsedine fresca, alle otto del mattino al Poetto».

Finge durante le cene?

«Il gusto dei cibi crea convivialità, per tutti tranne che per me. L'unico dato positivo è poter mangiare zucchine e fegato, che un tempo non riuscivo neppure ad assaggiare».

Gli altri danni?

«Formicolio perenne nella parte destra del corpo a causa delle lesioni al cervello. In quella zona ho perso completamente la sensibilità, possono anche prendermi a martellate: mi lascerebbe indifferente. Mi hanno spiegato che è iniziata la fase degenerativa dei neuroni. I medici sostengono che ho il novanta per cento di possibilità di perdere la lucidità e la concentrazione e l'uso della parola nei prossimi cinque-sei anni. In parte capita già: resto concentrato al massimo un'ora».

Come ha reagito?

«Nelle perizie neuropsichiatriche c'è scritto che sono una bottiglia di champagne: effervescente, ma destinato a spegnermi. E ho deciso di farlo bene».

Quali limiti si è dato?

«Sono vivo, respiro, è un buon motivo per fare tutto ciò che mi viene proposto».

In amore?

«È fondamentale, non si può confinare in un recinto».

Cattolico?

«Nel romanzo La densità del dubbio , ambientato in India, ho scritto una frase che riassume il mio pensiero: "La verità non esiste, esiste soltanto la conoscenza profonda di ciò che può sembrarci vero"».

Perché ha deciso di trasferirsi a Bangkok?

«In Thailandia ho presentato il libro l'anno scorso, tre appuntamenti partecipatissimi. Due associazioni culturali mi hanno contattato per offrirmi una collaborazione, altrettanto hanno fatto un periodico e un quotidiano. Mi occuperò anche di sceneggiature per Canale tre e Canale sette. Tornerò a Cagliari, al Brotzu, ogni quattro mesi per i controlli».

Si fida dei medici?

«Si, però... Ai terapisti che mi hanno salvato la vita ho detto: "Tra quindici anni verrò a cercarvi, se sarete vivi, busserò alla vostra porta e vi sputerò in faccia". Loro hanno sorriso: "Speriamo"».

Le capita di pensare alla morte?

«Sì, e non ho paura».

Come la immagina?

«Dopo l'incidente ho pensato che, se fossi morto, l'avrei fatto con un gran bagaglio di esperienze. Però non riesco a immaginare come potrà avvenire. Tra le tante ricerche che ho fatto in India, ho scoperto l'unica religione che non si basa su un dio ma ha basi filosofiche, nell'eternità dell'universo: il giainismo. E forse la sto facendo mia».

Ha fatto testamento?

«Non lo prendo neppure in considerazione».

Chi non vorrebbe al funerale?

«Vorrei tanti nemici, si può imparare molto anche da loro».

Crede sino in fondo alla storia dei cinque anni?

«No. E tra poco non ci crederanno più neanche i dottori».

ppaolini@unionesarda.it
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