Iglesias, svelata la teca con i resti dell'auto distrutta nella strage di Capaci
Nell’attentato morirono il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scortaPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Ha fatto tappa anche a Iglesias questa mattina l’evento "Dal sangue versato al sangue donato", una manifestazione itinerante promossa dalla Prefettura e dalla Questura, insieme alle associazioni Donatori e Volontari personale Polizia di Stato e Quarto Savona 15.
Presente anche Tina Montinaro, moglie del capo scorta di Giovanni Falcone e oggi presidente dell’associazione Quarto Savona 15.
Le reliquie dell’auto di scorta
La manifestazione sta attraversando l’Italia, mostrando i resti dell’auto su cui viaggiavano il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani, fatta esplodere dalla mafia il 23 maggio 1992 nella strage di Capaci.
Nelle prime ore del mattino, i resti dell’auto sono stati svelati ed esposti all’interno della caserma Trieste, durante la cerimonia privata dell’alzabandiera, accompagnati dal saluto dei futuri carabinieri. Intorno alle 8.00, l’autoemoteca ha fatto tappa in piazza Sella, dove ha iniziato l’attività di prelievo di sangue dai donatori. Successivamente, verso le 9.30, gli agenti di polizia hanno svelato la teca con i resti dell’auto di fronte alle autorità cittadine. Presenti quasi tutti i membri della giunta, a partire dal sindaco Mauro Usai, e molti consiglieri dell’amministrazione.
Le parole del sindaco
«Quella vettura accartocciata, sfigurata dalla violenza mafiosa, parla a tutti noi con un linguaggio silenzioso ma profondissimo – ha dichiarato Usai – e nel sangue versato da quei servitori dello Stato c’è il seme della giustizia, del coraggio e della consapevolezza. Ringrazio l’associazione Quarto Savona Quindici e, in modo particolare, la presenza fondamentale di Tina Montinaro, custode attenta della memoria di quel tragico 23 maggio 1992».
Le parole del sindaco sono state rivolte anche ai giovani: «Al di là dei corsi e delle lezioni, vedere con i propri occhi cosa significa sacrificarsi in nome della legalità è il messaggio più forte che possiamo lanciare alle nuove generazioni».
Gli studenti a teatro
Anche per la consigliera Carlotta Scema, da sempre attenta alle questioni riguardanti la lotta alla mafia e alla giustizia sociale, è stato un momento di orgoglio accogliere le reliquie: «Abbiamo il dovere di essere le gambe di tutte quelle figure che, purtroppo, hanno perso la vita per combattere per dei valori e per ottenere giustizia».
A chiudere la manifestazione, l’incontro con Tina Montinaro e con i rappresentanti dell’associazione “DonatoriNati” al teatro Electra e la testimonianza da ricevitrice di sangue di Benedetta Era di “Thalassa Azione”, introdotta dall’assessora alle Politiche Sociali, Angela Scarpa: «Parlare oggi della mafia e della strage di Capaci è fondamentale per non dimenticare gli orrori accaduti in quel periodo storico, ma è anche e soprattutto un modo per educare le nuove generazioni a prestare attenzione ai fenomeni che potrebbero ripetersi – ha commentato l’assessora Scarpa –. Ricordo che oggi prende il via la Settimana della Legalità, durante la quale saranno coinvolte tutte le forze dell’ordine insieme alle altre istituzioni. Nessun territorio è immune dal rischio che la criminalità possa mettere radici».
L’incontro con Tina Montinaro
Tina Montinaro è stata la moglie dell’agente Antonio Montinaro, morto a 24 anni all’interno di quella Quarto Savona 15 di cui oggi mostra le reliquie con orgoglio. Per nulla al mondo vuole essere definita “la vedova di uno degli eroi” e ci tiene invece a sottolineare che quegli agenti hanno perso la vita semplicemente svolgendo il proprio lavoro. Oggi è un’attivista nella lotta contro la mafia e fa del suo vissuto una preziosa testimonianza da tramandare in tutta Italia.
Ciononostante, racconta di incontrare spesso molta resistenza quando si decide di parlare di mafia in territori in qualche modo collusi: «Ma è importante andare proprio lì, piuttosto che in altri luoghi dove certi meccanismi non esistono. I nostri giovani devono informarsi, perché avere determinati comportamenti o prendere a modello personaggi criminali significa non rendersi conto di ciò che hanno fatto. L’attenzione dei giovani verso la lotta alla mafia c’è sempre, ma dobbiamo anche fargli capire che la mafia si è evoluta. Non possiamo far credere loro che siano solo Totò Riina o Messina Denaro: oggi la mafia è ancora più potente. Dobbiamo lavorare affinché arrivino prima le istituzioni, e non i mafiosi».
Infine, alla domanda su come si combatte oggi la mafia, l’attivista risponde: «Denunciando, prima di tutto, ma anche dicendo ai nostri figli di non rivolgersi a determinate persone. Un’arma sicuramente efficace per sconfiggere la mafia è l’istruzione».