Pastori, pastori, pastori . Sono arrivati a Cagliari in seimila da tutta la Sardegna per farsi forza. E per gridare tutta la loro rabbia «perché il latte costa 65 centesimi, meno di una tazzina di caffè» e «perché le banche, come gli usurai, se non paghi ti pignorano la casa». Questo mentre «il pecorino che vendiamo a 4 euro al chilo, in Canada viene rivenduto a 44 nei supermercati». Ovvia la contestazione di Paolo Fiori, arrivato dalla Nurra con altri quaranta colleghi: «Vuol dire che qualcosa non funziona». E - rincara la dose Francesco Mele di Villacidro - «devono spiegarci perché qui l'energia è più cara del 45 per cento rispetto alla Penisola e la continuità territoriale è quel che è». La risposta ce l'ha pronta Mario Porru: «Ci considerano una riserva indiana». Amen se alla fine è filato tutto liscio, nonostante qualche momento di tensione, due o tre petardi lanciati a caso tra la folla senza conseguenze e i fischi assordanti per far sentire a chi governa la Sardegna che la rabbia del Movimento dei pastori sardi è incontenibile. Ma è tutto nella norma quando una manifestazione si protrae fino a sera inoltrata, con la principale strada del capoluogo regionale, via Roma, bloccata in tutte le corsie.

LA MANIFESTAZIONE Urla, qualche lacrima e sussurri: quattro asini vengono disposti dietro i trenta cavalli e fantini arrivati dal Sulcis. Scontati i riferimenti, visti i tempi e la partita in corso: il governatore Ugo Cappellacci, l'assessore all'Agricoltura Andrea Prato, il presidente del Consorzio del pecorino romano Toto Meloni, quello della Coldiretti Marco Scalas, associazione di categoria antagonista. Il corteo ora è formato: alle 11,20 può partire, dopo l'arrivo dalla Nurra dell'ultimo dei cinquanta pullman nel piazzale Marco Polo, davanti alla fiera, sede del raduno.

IL CORTEO Birra o vino nero annaffiano pane e salame di buon'ora. La manifestazione del Movimento dei pastori sardi inizia alla chetichella, con gli allevatori di Sedilo a lanciare il primo sibilo coi fischietti. In prima fila c'è la delegazione di Silanus, guidata da Raimondo Giau e Antonello Sussarellu. La birra scorre a fiumi tra i pastori che da viale Diaz sfilano fino alla basilica di Bonaria. Luogo simbolico scelto da Felice Floris, leader del movimento, per raccomandare alla piazza tranquillità: «State sereni, non siamo qui per cercare guai», ha gridato Floris ai piedi del santuario illuminato dal sole e il mare, davanti, a colorare d'azzurro una giornata stupenda.

LA RABBIA Un veloce passaggio davanti alla sede Rai della Sardegna, e poi avanti fino a via Roma. In un battibaleno il corteo dei 6 mila arriva sotto il Palazzo. I fischietti assordano i passanti. Pastori, pastori, pastori , grida dal camioncino degli annunci un factotum dell'organizzazione, con spiccato accento della Trexenta. Ecco i sindaci: molti del Sulcis, altrettanti dal Montiferro occidentale e dal Medio Campidano. Da Villamassargia a Buggerru, da Fluminimaggiore a Guspini, da Busachi a Santulussurgiu, da Pabillonis a Orotelli: c'è la Sardegna che vive di mungitura e di trasformazione con la fascia tricolore. E poi molte donne. Belle ragazze e signore attempate. Avanti con gli anni ma combattive come Carminetta Porcu di Villacidro: «La battaglia che stiamo affrontando è vecchia di quindici anni», racconta. «Allora andammo in 1.500 addirittura a Bruxelles e non ottenemmo nulla. Gli industriali ci hanno ricattato e umiliato, perché da quando la Regione li ha privati delle integrazioni sul pecorino sardo fanno i prezzi che vogliono per il nostro latte». L'ultima spiegazione della rivolta la fornisce Giuseppe Porcu, allevatore di Tula: «Ci hanno costretto a produrre latte di qualità facendoci investire una barca di soldi in macchinari e non possiamo permetterci neppure un guasto in azienda perché sarebbero guai». I fischi, il lancio di uova, l'incontro con Cappellacci in via Roma, la moderata soddisfazione per l'esito della trattativa: «È un inizio, il resto si vedrà», dicono Costantino Cossu e Leonardo Pes di Sedilo. Parola di pastori.

LO. PI.
© Riproduzione riservata