E' stato rimproverato e non era la prima volta: Roberto è un ragazzo sfrontatamente vivace, in fondo buono, ma difficilmente sta fermo a leggere un fumetto. Ama nascondersi nelle stanze della casa famiglia, fare scherzi agli amici. Come tutti gli undicenni. Martedì sera è entrato di nascosto nella chiesa dell'oratorio e insieme a un compagnetto ha rubato dall'altare un accendino e un pennarello. Gli educatori della comunità di Selargius, dove è ospite da tempo, hanno scoperto tutto e lo hanno sgridato. Lui, per tutta risposta, invece che tornare nella propria stanza è uscito dal cancello ed è sparito nel buio di via don Bosco, due passi da viale Marconi. Via di corsa, verso la città. Erano le sei di sera. Lo ha ritrovato l'equipaggio di una volante della polizia, quasi tre ore dopo, sull'asse mediano: un automobilista ha notato quel bambino che vagava in mezzo al groviglio di macchine e tubi di scappamento, e ha chiamato il 113. Nel frattempo lo stavano cercando anche i carabinieri della stazione di Selargius, avvisati dai responsabili della struttura gestita dai preti salesiani: gli agenti hanno consegnato il piccolo ai militari, che lo hanno riaccompagnato in via Don Bosco.

LA CASA FAMIGLIA Roberto - questo non è il suo vero nome - vive da qualche anno in una stanza dalle pareti verdi, insieme ad altri due ragazzi ospiti della comunità per minori. Pochi metri quadri ordinatissimi, coi letti rifatti e le borse della scuola calcio davanti alla finestra. Al terzo piano gli ospiti sono otto in tutto: ognuno ha una storia, qualcuno pure una famiglia (come ad esempio Roberto, originario di un centro dell'hinterland) ma il giudice del Tribunale dei minorenni nei loro casi ha deciso che è meglio tenerli lontani dai genitori. I motivi sono tanti: droga, separazioni travagliate, povertà. A volte presi singolarmente, a volte tutti insieme.

LE SCUSE Eppure, spiega don Luca Manconi, direttore della struttura “Mamma Margherita”, è la prima volta che uno di loro fugge dagli alloggi - dove i bambini hanno tutto: playstation, libri, televisori e la possibilità di giocare all'aperto - che per loro sono una casa: «Non è mai successo. Per fortuna il ragazzo si è allontanato solo per un paio d'ore. Ora si è tranquillizzato, ci ha chiesto scusa ed è dispiaciuto per tutto quello che è successo. Abbiamo chiamato immediatamente i carabinieri e avvisato il giudice tutelare e i genitori». Una fuga di poche ore (anche per questo i militari hanno scelto di non denunciare nessuno per abbandono di minore) decisa dopo un rimprovero, che ha fatto scattare l'allarme nella casa all'ingresso di Selargius e ha impegnato le forze dell'ordine nella ricerca.

LA CAUSA Roberto martedì pomeriggio è entrato in chiesa insieme a un amico: lo aveva già fatto in passato, di nascosto. Questa volta decide di prendere dall'altare un accendino e un pennarello. Li butta per terra e li schiaccia coi piedi. Un dispetto che viene scoperto dopo pochi minuti dagli educatori, che sgridano i due bambini: «Ora andate in camera vostra». L'undicenne, invece che attraversare il campo di calcio e tornare in comunità, dove gli altri stavano preparando la cena, esce dal cancello della parrocchia. Corre via, cerca di avvicinarsi a Cagliari, forse per tentare di raggiungere i genitori che abitano ad Assemini. Nella comunità lo cercano: «Solitamente si nasconde in giardino, oppure si siede qui dietro», dice Paolo, professione educatore, indicando un armadio nel ripostiglio della casa famiglia.

Dove vivono stabilmente otto bambini, anche se i posti in tutto sono dieci perché un paio sono riservati ai programmi di «pronta accoglienza», cioè per le emergenze. L'allontanamento di Roberto? «Sono cose che possono succedere: questo non è un carcere, le porte e i cancelli sono aperti, se uno vuole uscire ci riesce. L'importante è che sia stato ritrovato subito. È un bimbo vivace, ma non ha mai dato nessun problema di questo tipo. Però ovviamente questo non è un momento facile per lui»

GLI AFFIDAMENTI Come non è facile per gli altri ragazzi ospiti di queste strutture. Nel 2008, gli «affidati» su decisione del tribunale per i minori sono stati 208, e 143 sono finiti nelle comunità della provincia (131 solo nel Cagliaritano), e appena 54 in un'altra famiglia. Per loro gli alloggi diventano una seconda casa e il gruppo di sacerdoti e educatori sono i nuovi genitori: poco meno del 90 per cento resta in comunità per almeno tre anni, mentre gli altri rimangono solo per pochi mesi. Certo, i contatti con padre e madre non mancano: il 44,3 per cento dei genitori incontra i figli almeno una volta la settimana, mentre il 32,9 per cento decide di incontrarli una volta ogni sei mesi. Una separazione forzata che diventa più dura sotto le feste: non è un caso che l'ultima fuga da queste strutture sia stata a Pasqua di qualche anno fa. Due ragazzine non ancora sedicenni erano riuscite a scappare da un centro d'accoglienza per minori a Elmas, sparendo nel nulla per quasi un giorno. Il motivo: volevano tornare a casa, avevano nostalgia dei genitori.

MICHELE RUFFI
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