L'esito del referendum ha fatto la prima vittima eccellente. Il presidente della Provincia di Carbonia Iglesias - una delle quattro nuove Province oggetto dei referendum abrogativi - Salvatore Cherchi (Pd) si è dimesso. La decisione segue l'esito dello scrutinio che ha vede una netta vittoria dei Sì. Cherchi è un esponente di punta del Pd sardo, in passato deputato e sindaco di Carbonia.Le dimissioni del presidente della Provincia di Carbonia Iglesias, Salvatore Cherchi, saranno operative a decorrere dalla proclamazione ufficiale dei risultati, come ha precisato lo stesso esponente del Pd, spiegando di essersi dimesso "in rispetto dell'esito regionale del referendum".

PLEBISCITO PER IL SI' - Si rafforza il successo dei Sì nei referendum anticasta promossi in Sardegna, quando lo spoglio è oltre il 90% delle sezioni scrutinate. Nei quattro quesiti abrogativi delle nuove Province, i consensi si attestano attorno al 97%, mentre in quello consultivo per l'abrogazione dei quattro enti storici ci si aggira sul 67%. Superiore al 97% anche il Sì per il taglio degli emolumenti dei consiglieri regionali e per l'abolizione dei Cda degli enti regionali. Sfiorano il 97% i favorevoli all'elezione diretta del presidente della Regione attraverso le primarie, sale invece al 98% la percentuale dei Sì per la riduzione da 80 a 50 del numero dei componenti del Consiglio regionale. Si fermano al 94,4%, infine, i consensi per la riscrittura dello Statuto sardo con l'Assemblea costituente.

REFERENDUM - Tutti e dieci i referendum sono validi: quando manca solo il 5% delle sezioni, con i dati sui votanti per i singoli quesiti, il quorum risulta abbondantemente superato. Si è infatti oltre il 35%, due punti in più della soglia richiesta per la validità.

Nei quattro referendum abrogativi sulle nuove Province sarde, i Sì superano il 97%, mentre in quello consultivo sull'abolizione delle quattro Province storiche i Sì si fermano al 68,57%, i No al 31,42%.

Il quesito sulla riscrittura dello Statuto sardo da parte di un'Assemblea Costituente conferma la vittoria netta dei Sì con il 93,99%. Al 96,76% i favorevoli all'elezione diretta del Presidente della Regione Autonoma della Sardegna, scelto attraverso elezioni primarie e il 97,22% quelli favorevoli all'abrogazione della legge che norma l'ammontare degli emolumenti dei consiglieri regionali.

Oltre il 97% anche i Sì all'abolizione dei consigli di amministrazione di tutti gli Enti strumentali e Agenzie della Regione, mentre sale al 98,33% la percentuale di favorevoli alla riduzione a 50 del numero dei componenti del Consiglio regionale.

UN SUCCESSO - Era successo solo una volta negli ultimi anni, quando i sardi furono chiamati ad esprimersi sul nucleare: allora, nel maggio 2011, l'affluenza sfiorò il 60%, ma il voto si svolse in due giornate. Per questi dieci referendum, invece, seggi aperti solo la domenica: dalle 7 è iniziato lo spoglio. Si conoscerà anche il quorum per ogni singolo quesito, quando ciascuna sezione elettorale invierà alla presidenza della Regione la comunicazione finale sui votanti per ogni referendum.

Il dato sull'affluenza è comunque significativo per capire l'orientamento degli elettori. La campagna referendaria, infatti, si è giocata tutta a favore del sì: chi ha deciso di recarsi ai seggi difficilmente lo ho fatto per esprimere un no. Se i promotori già esultano per la vittoria sull'astensionismo, a spoglio concluso, potranno quasi certamente brindare anche per la schiacciante affermazione dei sì.

Dieci i quesiti proposti, i più attesi quelli per l'abrogazione delle quattro Province di recente istituzione (2001), Carbonia Iglesias, Medio Campidano, Olbia Tempio e Ogliastra, e per tagliare le indennità dei consiglieri regionali. Gli altri cinque sono invece consultivi: si sondano gli elettori per abolire le altre quattro Province storiche (Cagliari, Sassari, Nuoro e Oristano), portare da 80 a 50 il numero dei componenti del Parlamento sardo, cancellare i consigli di amministrazione degli enti regionali, istituire un'Assemblea costituente per la riscrittura dello Statuto autonomistico, eleggere direttamente il presidente della Regione attraverso le primarie. Nello slogan dei promotori, la chiave di una svolta auspicata: "Dieci referendum per cambiare la Sardegna".

Eppure ci sono volute tre pronunce di Tribunali (dal Tar alla magistratura civile) per vanificare lo sbarramento di fuoco scatenato dall'Unione delle Province sarde (Ups), che di cambiamento non ne vuole proprio sentir parlare. O meglio, di un cambiamento fatto con l'accetta attraverso un voto popolare. "Le riforme non si fanno con l'abrogazione delle leggi", aveva chiarito il presidente dell'Ups Roberto Deriu. Chi invece ha cavalcato con convinzione i referendum è stato il governatore Ugo Cappellacci: appelli, spot in tv, comunicati giornalieri per dire ai sardi di andare a votare, avendo già espresso in precedenza che per lui le quattro nuove Province dovrebbero andare in soffitta senza alcun rimpianto.

Un successo degli anticasta avrà un peso anche sul futuro del presidente della Regione. Che a caldo commenta il superamento del quorum parlando di "una giornata di grande partecipazione popolare che rappresenta una vittoria per la Sardegna e per tutti i sardi. I cittadini si riappropriano degli spazi della politica - aggiunge il governatore - e danno essi stessi impulso a una stagione di cambiamento non più rinviabile, che deve coinvolgere tutta la politica e l'intera società sarda. Al di là delle appartenenze di ciascuno, bisogna cogliere questo messaggio chiaro e la volontà espressa di una Sardegna che intende decidere con scelte autonome e di rottura con il passato". "Un grande risultato - esulta così il leader dei Riformatori Michele Cossa - Adesso la politica deve dare le risposte che i sardi si attendono: anzitutto una politica più morigerata nei costumi e nei costi e attenta agi interessi dei propri amministrati".
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