Avvocati in visita al carcere di Uta: «Dentro 725 detenuti su 561 posti»
Iniziativa della Camera penale di Cagliari insieme all'associazione Nessuno tocchi Caino: «E ora arriveranno anche i 41 bis»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Una delegazione della Camera Penale di Cagliari, insieme a “Nessuno tocchi Caino”, ha visitato il carcere di Uta per portare un segno di vicinanza concreta alle persone detenute durante le festività.
«Un gesto semplice ma necessario, in un momento particolarmente difficile per l'istituto, segnato da gravi condizioni di sovraffollamento e da una carenza strutturale dei servizi offerti, soprattutto in ambito sanitario. Criticità che incidono quotidianamente sulla dignità delle persone ristrette e sul lavoro di chi opera all'interno», si legge in una nota.
La situazione maggiormente critica riguarda la gestione sanitaria dell'istituto, «con particolare riferimento all'assistenza prestata alle persone detenute affette da sofferenza mentale e a quelle che versano in stato di tossicodipendenza. Si tratta di un ambito nel quale le carenze appaiono strutturali e di estrema gravità».
Le criticità, secondo i legali, derivano innanzitutto da una cronica insufficienza di personale sanitario, ulteriormente aggravata dalle condizioni di sovraffollamento della struttura, che attualmente ospita 725 detenuti a fronte di una capienza regolamentare di 561 posti, spiegano i penalisti.
«Il divario tra il numero delle presenze e le risorse disponibili rende di fatto impossibile garantire livelli adeguati di cura e di presa in carico, soprattutto per le situazioni più fragili e complesse».
A titolo meramente esemplificativo «la dotazione organica di psichiatri prevista è pari a 4 unità, ma risulta di fatto ridotta a sole 2, delle quali una soltanto operativa a tempo pieno. Nonostante gli sforzi profusi dall'attuale direzione sanitaria, non è stato ad oggi possibile ottenere l'attivazione del Servizio per le Dipendenze all'interno dell'istituto, lasciando senza risposte adeguate un numero significativo di detenuti con problemi di tossicodipendenza», osservano ancora.
La drammaticità della situazione emerge in modo emblematico dal caso di un giovane detenuto che si sta lasciando morire di inedia e che non può essere sottoposto ad alimentazione forzata a causa della mancata convalida del trattamento sanitario obbligatorio (Tso).
«A ciò», si legge ancora, «si aggiunge l'assenza di un'adeguata assistenza psicologica e la mancanza di un'ambulanza stabilmente presente in loco, elementi che contribuiscono a delineare un quadro di grave compromissione del diritto alla salute all'interno della struttura».
C’è poi l’imminente arrivo di 92 detenuti al 41 Bis: trasferimento «che sta suscitando forti polemiche e preoccupazioni nel dibattito politico locale», concludono, «il carcere resta parte dello Stato di diritto. Anche, e soprattutto, nei momenti di maggiore difficoltà, la tutela dei diritti, della salute e della dignità delle persone detenute non può essere messa in secondo piano».
(Unioneonline)
