Assemini, la forza di una mamma-coraggio: «Chiedo aiuto per i miei figli malati»
Lotta contro il cancro e la sindrome rarissima che ha colpito i suoi ragazzi: «Gli unici in Europa, ci serve una casa»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Nella casa di via Garibaldi 31 c’è una mamma-coraggio, Luisa Caddeo, che ha raccontato poche favole e fatto veri sacrifici, senza tregua. Lei ha immolato la sua vita a favore dei due figli disabili Roberto e Sara Ibba, invalidi al 100% e affetti da una malattia rara che li costringe a letto anche se non attaccati alle macchine.
Un atto di amore quello di Luisa, ma anche di forza e determinazione. La stessa determinazione con cui combatte il cancro e che, nonostante tutto, le dà la forza di sorridere. Contro tutto, e talvolta contro tutti, porta avanti, prima fra tutte, la battaglia di non far mancare l’assistenza ai suoi ragazzi: «Seppur non ci siano prospettive di vita certe, per loro voglio il meglio. Senza il meglio non sarebbero ancora qui con me».
Roberto e Sara sono due tesori rari come la malattia che li ha colpiti da quando sono stati concepiti. Trent’anni lui, 27 lei, fratello e sorella dormono nella stessa stanza. Roberto è pacato e affettuoso, soffre di frequenti crisi epilettiche. Sara, bellissima e sorridente, è un uragano di energie nonostante abbia solo un pezzetto di polmone funzionante, non dorme quasi mai, si muove continuamente e soffre di gravi crisi respiratorie che l’hanno portata vicino alla morte svariate volte.
La sindrome di cui sono affetti è l’Ihprf1, difficile da spiegare ai non addetti ai lavori, ancora in fase di studio. Di certo si sa che una mutazione genetica ha causato il grave disturbo neurologico, come attestato da uno studio medico datato 2017. Al mondo solo 11 pazienti hanno questa sindrome e Roberto e Sara sono gli unici due in Europa.
Dismorfismi facciali, tono muscolare ridotto, ritardo psicomotorio, epilessia, linguaggio assente, disturbo del sonno sono solo alcuni dei problemi con cui i due fratelli devono convivere e, con loro, la madre che li assiste quotidianamente.
Luisa viveva in Germania quando Roberto è venuto al mondo: «Ho passato i suoi primi tre anni di vita con lui in ospedale, sperando trovassero una soluzione alla malattia. Avevo appena 24 anni». È nata poi Sara: «Mi ridevano in faccia quando dicevo che aveva la stessa malattia del fratello». Eppure i suoi sospetti erano fondati: «Stessa diagnosi per entrambi. Decisi di tornare in Sardegna, con due valigie e i miei due figli».
Luisa, ad Assemini, trovò aiuto: «Un’amica mise a nostra disposizione una casa. I ragazzi hanno frequentato la scuola elementare e anche il centro Aias a Decimomannu. Ma col passare degli anni la loro situazione è peggiorata, non possono più uscire di casa».
Intanto Luisa ha incontrato un nuovo compagno di vita: «A Fabrizio dicevo di scappare finché fosse stato in tempo. Il risultato? Due anni fa ci siamo sposati». Il giorno del matrimonio, in spiaggia, c’erano anche Roberto e Sara, in una delle ultime uscite all’aria aperta.
Luisa Caddeo non può lavorare: «Ho dovuto far affidamento sui sussidi. Fino ai loro 18 anni ci spettava un accompagnamento di 400 euro. Ora usufruiamo delle leggi di settore per tutto: medicinali, panni, bombole di ossigeno, addensanti per cibo non devono mai mancare: «Molte cose ce le passa la Asl. Ma quando terminano dobbiamo acquistare di tasca nostra. I soldi non bastano».
La casa dove si trovano è inadeguata, per questo chiedono un aiuto al Comune affinché trovi loro una sistemazione più idonea: «Ci servirebbe una casa singola in piano. Abbiamo già ricevuto due esposti per i rumori causati dai ragazzi».
Sara Saiu