Terralba, i comitati sardi per la sanità pubblica: «Sos medici di base»
A lanciare l’ennesimo grido d’allarme è Alessandro Rosas, portavoce del coordinamentoPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
È ancora il Terralbese, dove guardando i numeri, si registra una delle più gravi crisi della sanità territoriale dell’Isola. A causa dell’emorragia di medici di medicina generale, oltre 6.500 cittadini sono rimasti senza medico di base, con gravi conseguenze soprattutto per le fasce più fragili della popolazione: anziani, malati cronici, persone con disabilità.
A lanciare l’ennesimo grido d’allarme è Alessandro Rosas, portavoce del coordinamento dei comitati sardi per la sanità pubblica, che da mesi denuncia l’emergenza e l’inerzia delle istituzioni.
«A un mese dalla vergognosa situazione vissuta a Terralba il 5 maggio scorso – spiega Rosas – non sappiamo ancora se almeno a livello isolano si sia intervenuti sul portale ZenteWeb, per permettere la scelta del medico direttamente da remoto. È una funzione basilare che interessa quasi 450 mila sardi rimasti senza medico di famiglia. Un piccolissimo aiuto, che non risolve il problema, ma almeno eviterebbe scene da terzo mondo».
La crisi non è solo locale, coinvolgendo tutta la Sardegna e, in misura diversa, l’intero Paese. Ma è nell’isola che si toccano picchi drammatici, con territori completamente scoperti e cittadini costretti a fare ore di coda negli ambulatori di altri comuni, spesso senza successo.
La situazione la conoscono tutti – prosegue Rosas noi cittadini che la viviamo sulla nostra pelle, i politici, i sindacati, gli addetti ai lavori. Nonostante tutto, come abbiamo visto anche a Terralba, l’abbandono del cittadino è ormai un fatto consolidato. Eppure servirebbe uno sforzo straordinario da parte delle istituzioni.» Il problema, secondo il coordinamento, non è solo la carenza di medici, ma anche la mancanza di volontà politica nell’affrontare l’emergenza con decisione e rapidità. Le soluzioni tampone non bastano più, serve un piano straordinario per garantire il diritto alla salute.
«Tutti ci ripetono – spiega Rosas- che la situazione è questa e che nel breve periodo non si può fare nulla perché non ci sono medici. Ma allora che facciamo? Abbandoniamo anche i nostri anziani, i fragili, chi ha lavorato una vita e oggi si ritrova senza assistenza proprio nel momento del bisogno?».
Rosas mette in guardia anche da un’altra deriva, quella che porta verso una sanità privatizzata, sempre più inaccessibile ai cittadini comuni. «Questo è un sistema che non si regge se abbandoniamo i più deboli per ragioni di bilancio. Anche un ipotetico sistema assicurativo non risolverebbe il problema. Quale compagnia assicurerebbe un anziano cardiopatico o con patologie gravi? Nessuna, perché sarebbe un costo. E una società improntata al profitto non può permetterselo.» Tra le proposte emerse negli incontri promossi dai comitati in tutta l’isola, c’è quella di assumere medici stranieri, come già fatto in altre regioni d’Italia. Una scelta che richiede coraggio e una visione chiara, slegata da interessi di parte.
«In tanti incontri con medici e rappresentanti politici è emersa questa proposta – sottolinea –. In momenti come questi bisogna avere il coraggio di superare le ideologie e pensare al bene comune. La prima cosa che dovrebbe fare un buon politico è prendersi cura di chi ha bisogno. E oggi in Sardegna sono in tantissimi ad aspettare risposte, senza più un’assistenza di base».
Il coordinamento dei comitati sardi per la sanità pubblica chiede con urgenza un intervento strutturale da parte della Regione e del Governo nazionale.