L’antico vulcano del Montiferru è pronto a ospitare nuovamente visitatori e turisti curiosi di farsi incantare dalle ricchezze ambientali endemiche e le affascinanti storie dei banditi che qui, secoli fa, imperversavano con le loro azioni criminali.

Domenica 12 ottobre torna Barbarighinu, il sentiero dei banditi: il trekking storico-naturalistico nelle montagne di Scano, per ritrovare un contatto genuino con l'ambiente selvaggio, dove il tempo si ferma, per ritemprare corpo e spirito con il potere energetico della natura.

Un viaggio in un ambiente ancora incontaminato, che scuote l’anima tra storia e leggenda per godere delle bellezze naturalistiche senza tempo: spelonche, radure, boschi plurisecolari come l’impenetrabile sa Roda Manna, quindi animali selvatici cervi, mufloni e cinghiali che qui hanno eretto la loro dimora. Per tanti amanti della montagna che oggi calpestano i sentieri che secoli fa erano battuti da spregiudicati e feroci briganti, e dai pastori erranti che praticavano la pastorizia nomade.

Cinque le tappe del trekking per 8 chilometri di agevole passeggiata, della durata di 6 ore circa, per farsi rapire dalle bellezze della montagna scanese: durante il tragitto, ad ogni sosta, i leggendari racconti della montagna, le bardane dei banditi rievocate con documenti storici d'archivio.

Programma: partenza alle 9 verso Leari, antico villaggio tardo-nuragico; prima tappa la sorgente de su Laccheddu Biancu, area ristoro dove sgorga un’acqua cristallina.

Terminata la salita si discende per sa Roca de Pedras Nieddas, promontorio nereggiante di rocce basaltiche, dove sorgono rari esemplari d’acero. Quindi arrivo nella scenografica sa Roca Traessa, un dicco vulcanico a 800 metri d'altitudine, dove sorge su suile de sas Portas, dove si fa la sosta per il pranzo, vicino ad alcune capanne in pietra di origine medioevale. L’ultima tappa prima del rientro a Scano Montiferru a sa Roca de s’Òmine, un'arcana rupe che ricorda sembianze umane. 

Barbarighinu è un trekking storico-ambientalistico «più iniziatico che turistico perché i visitatori sono compagni di viaggio. Siamo convinti che ogni angolo della nostra terra abbia una storia da raccontare. Le pietre, i massi della cima, gli alberi del bosco custodiscono gelosamente gli echi leggendari del passato. Basta solo saperli ascoltare», spiegano gli organizzatori dell’omonima associazione culturale: Antonio Flore Motzo, Antioco Milia, Maria Francesca Flore e Pietro Manca.

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