Secondo grado, secondo ergastolo. Altro che sconto, per Giuseppe Mauro Fele, 28 anni di Oliena, il processo in Corte d'Assise d'Appello a Sassari non poteva concludersi in modo peggiore. Lui, una delle bestie che hanno ucciso Pietrina Mastrone e Tiziano Cocco, scaraventati vivi nel pozzo di Manasuddas nell'ottobre del 2007, forse pensava di ottenere qualcosa di meglio.

IL RACCONTO Aveva collaborato, questo sì, aveva indicato agli inquirenti i suoi complici (Sebastiano Pompita e Mario Deiana, entrambi condannati all'ergastolo per i due delitti) e in cambio, in primo grado, aveva ottenuto un solo ergastolo per l'omicidio Cocco. Ma c'era qualcosa che non tornava in quei suoi racconti. Le sue, in verità, sono sempre state delle mezze ammissioni, ha preferito scaricare tutte le responsabilità sugli amici (stando alla sua deposizione, ci sono altri due complici la cui posizione è ancora da verificare) ritagliandosi il ruolo del non violento, di quello che non avrebbe mai voluto ammazzare nessuno.

DEBOLEZZE Anzi, Fele aveva detto di essere stato costretto, suo malgrado, ad assistere all'orrendo spettacolo dei suoi amici che afferravano il povero Tiziano e lo gettavano nella cisterna della vecchia caserma dell'Arma, a pochi chilometri da Oliena. Naturalmente, benché armato di pistola, si sarebbe ben guardato dal fermare le quattro belve (oltre a Deiana e Pompita, i compaesani Antonello Boe e Consuelo Loi) e i loro istinti sanguinari.

VITO FIORI
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