Nino Cherchi, il proprietario di quello stabile suddiviso in tanti appartamenti per immigrati, lo aveva detto più volte a quei tre che la pazienza di un orunese non è infinita. E ieri ha perso la calma. A mezzogiorno si è presentato con una pistola e dopo il solito battibecco ha iniziato a sparare: ha esploso sette colpi e ha fatto una strage. Ha ucciso senza pietà, l'ex bandito graziato da Sandro Pertini: Kasem Memaj, un trentaduenne che abitava a Olbia da qualche anno, è stato colpito alla tempia, il suo amico Gazmen Peca è stato sfigurato dai proiettili. Ariana Zelo, la compagna di Gazmen Peca, se l'è scampata: Nino Cherchi (fratello di Peppino, un altro degli storici imprendibili di Barbagia) ha cercato di ucciderla per tre volte, ma è riuscito solo a colpirla alla mano e al torace. In quella stanza con i muri macchiati di sangue c'era anche il figlioletto di cinque mesi della ragazza finita in ospedale: i proiettili per fortuna gli sono passati molto lontano.

IL LITIGIO Nino Cherchi aveva paura degli albanesi. Temeva che quei due ragazzi, alti e ben piazzati, potessero aggredirlo. E ieri mattina, quando ha deciso di presentarsi di nuovo per saldare i conti, è andato armato. Era quasi sicuro che la discussione sarebbe finita male. E così è stato. Gli albanesi non avevano una lira da dargli e quando Nino Cherchi ha detto che potevano andarsene è iniziato il parapiglia. Parolacce, minacce e spintoni. L'anziano, cardiopatico e non in forma come ai tempi della latitanza, ha rischiato di essere riempito di botte. E ha deciso di tirare fuori la pistola.

LA STRAGE In un attimo di follia Nino Cherchi ha sparato a raffica. Sette colpi, uno dietro l'altro. Ha provocato una carneficina: i due trentenni non hanno avuto scampo, la ragazza è riuscita a proteggersi e a salvare il suo bambino. L'ex latitante non ha avuto pietà e in quella manciata di secondi è tornato ad essere il balente di un tempo. Kasem Memay e Gazmen Peca sono stati uccisi subito, ma prima di lanciare l'allarme Nino Cherchi ha continuato a sparare. Classico rituale del colpo di grazia. Poi ha cercato di uccidere anche Ariana Zelo, ma i proiettili l'hanno solo sfiorata. Regolati i conti con gli inquilini morosi Nino Cherchi è tornato a casa: ha preso il telefono e ha chiamato i carabinieri. «E adesso veniteveli a prendere questi albanesi. Li ho tutti ammazzati, non ne potevo più».

IL PALAZZO In quella villetta grigia di via Austria abitano immigrati di molte nazionalità: albanesi, rumeni, polacchi. Nino Cherchi aveva diviso lo stabile in tanti appartamenti: lui abitava al primo piano e tutte le altre stanze erano occupate da stranieri. Quanti fossero neanche i vicini lo hanno mai capito: ogni giorno si incontravano facce nuove e la notte c'era un viavai continuo. I tre albanesi del piano terra non lavoravano e non avevano i soldi per l'affitto. Nino Cherchi si lamentava da mesi: ogni volta lunghe e inutili discussioni e un'interminabile trattativa per incassare quattrocento euro. Gli albanesi non gli avevano mai dato centesimo e non se ne volevano andare: ieri mattina l'ex macellaio grande amico di Graziano Mesina si è presentato per riscuotere.

LE INDAGINI Quando sono arrivati in via Austria, nel cuore del quartiere Bandinu, i carabinieri hanno trovato una scena da brivido. Nino Cherchi era nascosto in una cantina: tremava, non riusciva nemmeno a parlare. Aveva ancora la pistola in tasca: «Mi hanno aggredito e mi sono difeso, non ne potevo più di quei tre». I volontari del 118 hanno trasportato Ariana Zelo al pronto soccorso: i medici del Giovanni Paolo II l'hanno ricoverata nel reparto di chirurgia e le hanno curato le ferite al torace e alle mano. Le sue condizioni non sono gravi e in serata è stata interrogata dai carabinieri. Il suo bambino, invece, è stato affidato a una coppia di amici.

L'ARRESTO Per tutto il pomeriggio il settantenne è rimasto in caserma: il sostituto procuratore Riccardo Rossi ha firmato l'ordine di arresto, ma per ora il pensionato non sarà chiuso in carcere. Gli uomini del Nucleo operativo del reparto territoriale olbiese hanno interrogato anche gli altri inquilini della palazzina. Rumeni e albanesi arrivati in città per trovare un lavoro e ora alle prese con una realtà più difficile del previsto. Nessuno ha sentito nulla: né le urla, né i sette colpi di pistola. Il quartiere si è svegliato quando sono arrivate le ambulanze e le pattuglie dei carabinieri a sirene spiegate.

LE VITTIME I tre albanesi che Nino Cherchi aveva ospitato nel suo appartamento erano come fantasmi. I vicini di casa li avevano incontrati solo poche volte: mai una chiacchierata, mai una discussione. «Talmente tanti - dice la moglie di un allevatore che vive accanto alla casa di Nino Cherchi - che ci chiedevamo sempre come facessero ad abitare in quegli appartamenti. Erano almeno venti, forse anche qualcuno in più. Ogni tanto notavamo qualche faccia nuova, ma non abbiamo mai avuto problemi». Gazmen Peca e Ariana Zelo erano conosciuti dalla polizia e dai carabinieri. Soprattutto per una storia di droga che risale a ottobre dello scorso anno: la polizia era impegnata in un pedinamento e nella trappola quel giorno era finita anche Ariana Zelo, bloccata con quaranta grammi di cocaina nel reggiseno.

NICOLA PINNA
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