Medicina territoriale nell’Isola e prospettive d’intervento
«Perché non pensare a un “modello Sardegna” con focus anzitutto sulla medicina di prossimità?»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Secondo quando si apprende sulla scorta delle notizie fornite da ultimo dalla stampa, tantissimi sardi rischiano di ritrovarsi privi di medico di famiglia in conseguenza dei pensionamenti dei camici bianchi. In buona sostanza, gli specializzandi che avevano risposto al bando della Regione, e avevano per ciò stesso accettato di lavorare nei paesi dell'interno, consentendo di fatto di assicurare l'assistenza del servizio sanitario pubblico nelle sedi maggiormente disagiate, si ritroverebbero all’attualità a dover sostenere non solo il carico di lavoro in ambulatorio, comprensivo di visite a domicilio, ricette e disbrigo di documenti, ma financo il peso e l’impegno delle lezioni e del tirocinio.
La questione, a ben considerare, sembrerebbe porsi e (ri) proporsi all’attenzione generale in tutta la sua problematicità, e parrebbe necessitare di interventi non solo quanto più solleciti e tempestivi, ma anche di profili definitori certi, orientati al definitivo superamento di una fase che si potrebbe definire, probabilmente, ancora di carattere emergenziale. Tanto più allorquando si considerino le caratteristiche geografiche del territorio sardo e la distribuzione della popolazione nelle cosiddette zone interne, ossia, per dirla più semplicemente, nelle zone distanti dai centri di concentrazione dei servizi pubblici essenziali, seppur ricche di importanti risorse ambientali e culturali. E ancor di più allorquando si continui a considerare, che proprio perché tali, siffatte zone, come pure la popolazione in esse insistente, necessiterebbe di forme di gestione avanzata di medicina territoriale organizzata e gestita in maniera tale da consentire a chiunque si trovasse nella necessità di fruire del servizio in maniera costante e strutturale. Soprattutto a seguito della gravissima crisi di ordine sanitario, economico e sociale ingenerata dalla pandemia da Covid-19.
La specifica materia, dunque, sembrerebbe imporre una serie di riflessioni dettagliate aventi ad oggetto non solo l’organizzazione strumentale e territoriale delle risorse disponibili, ma anche la loro diretta connessione con le esigenze sanitarie del territorio che appaiono probabilmente mutate rispetto al passato anche in conseguenza del periodo pandemico oltre che del processo di naturale invecchiamento della popolazione. Intanto, perché, in un territorio così particolareggiato quale appare essere quello sardo, sarebbe forse utile pensare a presidi sanitari e assistenziali stabili nelle aree interne che possano contribuire a meglio gestire anche il carico ospedaliero. Quindi, perché, anche a tutto voler considerare, sembrerebbe utile non solo una compiuta riorganizzazione del servizio sul territorio, ma anche la predisposizione di livelli essenziali di assistenza della medicina generale capaci di garantire la prestazione di medesimi livelli di cura sulla totalità del territorio. Infine, perché, ad ogni buon conto, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza parrebbe aver previsto lo stanziamento di importanti risorse di carattere finanziario utili ad intervenire sulle criticità ancora esistenti nel settore della medicina territoriale attraverso la creazione delle cosiddette Case della Comunità, la implementazione delle prestazioni medico-sanitarie domiciliari, ed ancora, l’attivazione degli Ospedali di Comunità.
In questo senso, e considerata la specificità del territorio sardo, il lavoro da compiere, in termini organizzativi innanzitutto, potrebbe apparire in tutta la sua difficoltà, ma sembrerebbe doveroso iniziare a predisporre programmi di intervento che, nell’immediato, contribuiscano a coprire le esigenze contingenti, e che nel prossimo futuro possano contribuire a divenire un modello stabile di organizzazione e sviluppo della medicina di prossimità. Sembrerebbe, peraltro, che l’efficientismo sul piano sanitario presupponga anche il potenziamento dei sistemi di collegamento delle aree interne diretto a contrastare l’isolamento delle aree dell’hinterland sardo. Come da più parti osservato, la vera sfida, se così la si volesse definire, parrebbe essere rappresentata dalla difficoltà di conciliare le esigenze di cosiddetta sostenibilità finanziaria dei progetti con la non trascurabile adeguatezza e idoneità clinica delle prestazioni.
Se, dunque, con la locuzione “medicina territoriale” si volesse intendere l’insieme delle prestazioni sanitarie cosiddette di primo livello e pronto intervento che avrebbero come obiettivo e finalità quello/a di prevenire l’aggravarsi delle condizioni patologiche della persona ponendosi, di fatto e nei fatti, quale valida alternativa all’ospedalizzazione, allora, con buona verosimiglianza occorrerebbe ripensare al modello tradizionale della medicina di base per renderlo maggiormente rispondente alle esigenze di cura, le quali, già rispetto al periodo pre-pandemico, sembrerebbero essere mutate.
Sarebbe utile, con buona verosimiglianza, pensare fin da subito ad una sorta di “Modello Sardegna” finalizzato alla organizzazione gestionale e strutturale della medicina di prossimità che sia idoneo a coinvolgere differenti professionalità per la migliore e maggiormente efficiente distribuzione delle risorse disponibili.
L’obiettivo da perseguire dovrebbe essere l’approccio consapevole, maggiormente integrato e coeso, finalizzato alla cura del potenziale paziente attraverso la prevenzione, la gestione delle malattie croniche, delle cure palliative, e della riabilitazione. Allo stesso modo, occorrerebbe comprendere in quale maniera i processi di digitalizzazione potranno essere utili allo scopo nel contesto dell’intero Servizio Sanitario Nazionale il quale, si caratterizza per essere un sistema di strutture e servizi aventi lo scopo di garantire a tutti i cittadini, in condizioni di uguaglianza, l’accesso universale alla erogazione equa delle prestazioni sanitarie. Intervenire subito sembrerebbe doveroso così come pure necessaria appare la cooperazione di tutte le forze politiche tanto di maggioranza quanto di opposizione per la migliore risoluzione delle criticità esistenti in campo sanitario.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro