La Consulta: «I medici sardi in pensione possono lavorare, garantiscono un servizio primario»
Rigettato il ricorso del Governo contro la legge approvata dal Consiglio regionale: «Un tentativo di dare una risposta alla carenze di tutela della salute»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
I medici sardi in pensione possono rimettere il camice e assicurare l’assistenza primaria alla popolazione. Lo dice la Corte costituzionale, che ha sentenziato sulla non fondatezza della questione di legittimità della legge approvata dal Consiglio regionale di proroga dell'efficacia della norma che consente alle Asl di ricorrere ai medici di medicina generale in quiescenza per garantire il servizio.
Per la Consulta si tratta di «un tentativo di risposta alla contingente situazione di scopertura dell'assistenza primaria e della continuità assistenziale nel territorio regionale», e «tale risposta rientra nelle competenze delle regioni in tema di tutela della salute, senza alcuna violazione della competenza dello Stato».
In particolare, la Corte costituzionale con la sentenza numero 177, depositata oggi, ha respinto la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, comma l, della legge sarda numero 2 del 2025.
La norma, spiega un comunicato della Consulta, aveva prorogato l'efficacia, «sino all'espletamento delle nuove procedure di assegnazione delle sedi di assistenza primaria e continuità assistenziale e comunque entro e non oltre il 30 giugno 2025», della norma regionale che aveva consentito ai medici di medicina generale in quiescenza di aderire, anche con contratti libero professionali, ai progetti di assistenza primaria e continuità assistenziale attivati dalle Aziende sanitarie locali, per assicurare la completa copertura delle cure primarie nelle aree disagiate, e di disporre dei ricettari di cui all'articolo 50 del decreto-legge numero 269 del 2003, fino al 31 dicembre 2024.
Quest'ultima norma regionale era stata già censurata dal Governo, con ricorso respinto dalla sentenza numero 84 del 2025. Nella pronuncia di oggi la Corte ha confermato quanto già affermato nella decisione n. 84, riconoscendo che anche la disposizione impugnata nel nuovo giudizio, nel prorogare i termini della precedente disciplina, «si appalesa come un tentativo di risposta alla contingente situazione di scopertura dell'assistenza primaria e della continuità assistenziale nel territorio regionale. L'articolo 1, comma l, della legge della Regione autonoma della Sardegna numero 2 del 2025, per la sua finalità e per i suoi intrinseci contenuti, va, pertanto, ricondotto alla competenza legislativa spettante a tale Regione nella materia tutela della salute, in riferimento ai profili organizzativi dell'assistenza primaria. Con conseguente infondatezza della denunciata violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia «ordinamento civile».
Il verdetto potrebbe avere ripercussioni anche sull’assetto attuale: lo scorso 27 novembre il Consiglio regionale ha approvato la norma che autorizza l’attività dei medici in pensione negli Ascot e nei servizi di continuità assistenziale, fino al 31 dicembre 2026.
Enrico Fresu
