L'ictus, una dozzina d'anni fa, ne aveva minato il fisico e scatenato la patologia depressiva. Antonio Farris, pur senza essere un paziente psichiatrico vero e proprio, era in questa condizione. In cura al Centro di igiene mentale di Sestu, minacciava in continuazione di morte la moglie. «Prima o poi ti ammazzo», aveva urlato più volte. È in questo contesto che è maturato il delitto-suicidio di venerdì. Un dramma prevedibile, e forse evitabile.

A Monastir, il giorno dopo la tragedia, gli interrogativi sono ossessionanti: «Perché chi doveva agire non lo ha fatto?». «Perché Antonio Farris non è stato allontanato da casa come la moglie aveva chiesto?». Domande che rimangono, e rimarranno senza risposta, e che lasciano due cadaveri sul terreno. Quello di Paola Massidda, uccisa a coltellate dal marito Antonio Farris, che si è poi impiccato a qualche passo dal cancello dove ora campeggia il foglio bianco con la scritta: «Immobile posto sotto sequestro dall'autorità giudiziaria». Una scritta che consegna la casa dell'orrore all'isolamento, al silenzio. Lo stesso che infagotta Monastir all'indomani dell'omicidio-suicidio che ancora rimbomba assordante dopo la mattinata sfociata nell'uccisione di Paola Massidda, la casalinga che all'improvviso ha visto delinearsi di fronte a lei la realtà che aveva sempre immaginato, e temuto.

LE COLTELLATE Il marito, Antonio Farris, gliel'aveva come giurata e venerdì mattina, dopo averla attesa in casa, ha avuto la freddezza di affondarle il coltello nella schiena. Uno, due, forse anche più fendenti che hanno spento la vita di Paola Massidda. E posto termine ad una vita coniugale condita di dissapori. «È una tragedia che non potevamo prevedere», commentano il sindaco di Monastir e il suo vice, Ignazio Puddu e Modesto Fenu, che garantiscono: «La famiglia Farris era tutt'altro che trascurata». Nazario Casula, responsabile dei Servizi sociali: «Seguivamo da vicino il caso e quello che si poteva, in una situazione di ristrettezze finanziarie, è stato fatto».

L'ASSISTENZA Assistenza domiciliare (dimezzata negli ultimi tempi), economica e impieghi fra gli Lsu: tutto questo non è bastato ad evitare una tragedia che si allunga fino a Nuraminis, paese natale di Antonio Farris. «Sono sconvolta e addolorata», piange Vitalia Farris, sorella dell'uxoricida-suicida. «Mio fratello non avrebbe dovuto farlo: così ha rovinato anche i suoi figli», continua la donna che ha appreso la notizia direttamente dai Tg, in televisione. L'effetto è stato quello di una fucilata. «È stato sconvolgente», dice ancora Vitalia Farris che ancora ricorda la visita del fratello, l'ultima, della primavera scorsa: «Era venuto a trovarmi, forse voleva salutarmi», ricorda la sorella di Antonio Farris. Chissà, forse davvero l'ex pastore aveva gia architettato tutto. Paola Massidda si era issata sulle spalle il peso dell'indigenza e della solitudine di una relazione che ormai non aveva nulla di tale. Eppure continuava ad occuparsi del marito invalido. «Mio padre non si alzava quasi più dal letto», raccontava Amedeo, il più piccolo dei figli della coppia, che venerdì mattina ha visto scorrere in diretta i fotogrammi della tragedia.

L'INCUBO Antonio Farris, dopo avere accoltellato a morte la moglie in cucina, si è appeso a un gancio di ferro, in cortile. Un tondino resistente quanto basta per trattenere per qualche istante il corpo debilitato, e farlo morire. È così che lo hanno trovato, è così che lo ha visto il figlio Amedeo poco prima di scoprire la faccia più cruda dell'incubo: il corpo della madre in cucina, in una lago di sangue.

IGNAZIO PILLOSU
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