«Non basta bandire un concorso e vincerlo, come nel caso del chirurgo oncologo Tuveri. Bisogna dotarlo di una struttura organizzativa efficiente, di spazio dove operare e di almeno un team di quattro medici per la sala operatoria. Privato di ogni strumento, il chirurgo Tuveri, per un anno, si è limitato a visitare i pazienti oncologici, senza alcuna programmazione e costretto a privare i malati di ogni prospettiva». A denurciarlo, in un comunicato stampa, è Claudia Zuncheddu di Rete Sarda per la Difesa della Sanità Pubblica.

«La revoca dell’incarico di primario e il licenziamento, paradossalmente per non aver raggiunto l’obiettivo, è nelle mani della magistratura. Ma non basta il suo reinserimento senza una seria programmazione ospedaliera, senza la consapevolezza che lo smantellamento dell’unico ospedale oncologico sardo, il Businco, con il trasferimento di reparti efficienti e ben organizzati, come quello della Chirurgia Toracica, implica l’implosione del Brotzu». Per Claudia Zuncheddu «resta alla politica la responsabilità del mancato raggiungimento dell’obiettivo da parte del chirurgo oncologo, condannato ad essere primario di se stesso, ma non solo. La politica dovrà motivare le ragioni per le quali, il vincitore di concorso e con stipendio giustamente da primario, per operare venisse mandato a Verona e a spese della Regione. Con quale titolo un primario di un ospedale sardo, può essere costretto a varcare il mare, per operare in altre regioni? Con quali costi per il bilancio sanitario della nostra Regione Autonoma? E’ questa la deprecata autonomia differenziata che già in sanità, la politica sarda non da oggi pratica».

«La nostra sanità», aggiunge Claudia Zuncheddu, «non può essere mortificata tra i giochi di potere e i rapporti di forza che si giocano sui banchi di una politica sempre più estranea ai bisogni dei malati e del personale sanitario. La Rete Sarda auspica che chi governa la Sardegna, prenda a cuore la deriva disastrosa della nostra sanità pubblica».

(Unioneonline)

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