Olbia, un nuovo studio rivela le origini della Basilica di San Simplicio
Presentati i risultati del lavoro dell’archeologo Cabriolu. L’edificio nacque come chiesa campestre nell’anno Mille e venne ampliato nel corso di due secoliPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
In origine era una chiesetta campestre che le unità di misura utilizzate nelle costruzioni dell'epoca fanno risalire all'anno Mille. Ci sono voluti circa duecento anni perché la Basilica minore di San Simplicio assumesse la forma e le dimensioni attuali.
A documentare la crescita edilizia della chiesa romanica di Olbia, il nuovo studio “Il progetto San Simplicio: 2018 - 2024, la raccolta dei dati”, portato avanti, in un quinquennio, dall'archeologo Marcello Cabriolu, avviato nell'ambito del Sistema museale integrato della Diocesi di Tempio Ampurias, presentato ieri, nell'omonima Basilica, nel convegno “San Simplicio: la struttura dalle origini a oggi”, organizzato dall'Associazione amici della biblioteca simpliciana.
Cinque anni di indagini stratigrafiche, chimiche e iconografiche hanno permesso di interpretarne le fasi edilizie. San Simplicio non è stata eretta in un unico periodo, dalla posa della prima pietra ha attraversato cinque momenti costruttivi, individuati tramite l'osservazione del cambiamento delle tecniche murarie, dei materiali e degli elementi architettonici.
La struttura originaria era di granito locale, lunga venti metri, larga tredici e alta nove, con il tetto di legno e rivestita di ardesia, che la tipologia di capitello (e altri elementi) fa risalire all'Alto Medioevo. Pioggia e vento hanno costretto i costruttori a rivederne la copertura: per ovviare alle infiltrazioni sono state create, secondariamente, delle volte di laterizi al fine di isolare le navatelle dagli eventi meteorologici. Poi, è stata elevata la copertura ma la fase più evidente del rinnovamento è riconducibile all'XI secolo.
A reggere la diocesi di Civita e Galtellì, il vescovo Daiberto, di Pisa e Volterra, primo patriarca latino di Gerusalemme, con l'ambizione di creare una basilica all'altezza della nomina: la chiesa si allunga di due coppie di arcate e viene costruita una nuova facciata. Quella attuale è del 1238, ultimo momento costruttivo, risalente alla presenza degli Hohenstaufen, testimoniata dall'apposizione nella trifora, di gusto meridionale, di un'aquila dipinta di rosso, in rappresentanza della famiglia regnante. A consacrare la forma e la grandezza della basilica, le nozze tra la vedova (di Ubaldo Visconti) Adelasia di Torres e Gallura ed Enzo di Svevia (o di Hohenstaufen), re titolare di Sardegna, a cui si attribuisce l'ampliamento e la dimensione attuale della chiesa dedicata al santo patrono di Olbia, oggi più lunga di quasi tredici metri dalla prima costruzione e più alta di tre. Lo studio è stato pubblicato, per la prima volta, nel volume scientifico del X Congresso nazionale di archeologia medievale che si è tenuto dal 9 al 13 settembre scorso, tra Udine e Cividale del Friuli.
