Ieri, davanti al giudice monocratico, sarebbe dovuto iniziare il processo in cui Trudu e la moglie Laura (difesi dall'avvocato Mario Canessa) sono accusati di aver calunniato Priamo Casula e il commercialista Giuseppe La Sala (tutelati dall'avvocato Michele Schirò), sostenendo che i due gli avevano portato via - attraverso la falsificazione delle loro firme sui documenti - il 12,57 per cento delle quote della società. L'udienza è stata però aggiornata al 29 settembre per consentire al pm di riformulare il capo d'imputazione, che risultava incompleto. La vicenda prende il via nel 2003, nel pieno della guerra tra i due nuclei familiari attorno al patrimonio societario - valutato in diverse decine di milioni di euro - che è sfociata in una denuncia per appropriazione indebita da parte di Casula contro Trudu. Quest'ultimo, che recentemente è stato condannato per aver avuto rapporti sessuali con un ragazzino minorenne, aveva affermato che il cognato gli aveva scippato il 12,57% delle quote societarie con la complicità di La Sala. In particolare - sostennero nella querela Trudu e la moglie Laura Casula, sorella di Priamo - le firme sui documenti di cessione delle quote non erano le loro. Peccato però che una perizia calligrafica disposta dalla Procura accertò il contrario: le sottoscrizioni erano autentiche, messe nero su bianco proprio da Trudu e dalla moglie.

L'indagine contro Priamo Casula e il commercialista fu così archiviata, ma ne venne subito aperta un'altra per calunnia a carico dei due denuncianti. Casula e Trudu si erano già trovati, a parti invertite, davanti a un giudice: il primo era stato infatti denunciato dal secondo per lesioni volontarie e, il 16 dicembre 2005, era stato condannato in primo grado a quattro mesi con la condizionale.
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